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Favola della domenica – La bambola di stoffa

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    C’era una volta una bambina di undici anni che aveva ricevuto in regalo, dal padre archeologo, una bambola di stoffa in stile egiziano. Era alta, sottile, con lunghi capelli neri e il profilo appuntito. Anna la riteneva una bambola molto originale.

    Nel corso degli anni la bambina aveva ascoltato dal padre vicende incredibili sui paesi che egli, per il suo lavoro, aveva visitato. Ma le sembrava che gli avvenimenti che avevano prodotto la civiltà egizia fossero al di sopra di ogni immaginazione.

    Ora l’archeologo stava narrando a sua figlia una storia fantastica sulla bambola che le aveva portato in dono. Anna non sapeva se credergli o no. Era grande, ormai, e da molto tempo i genitori non le raccontavano più favole. Doveva per forza essere una storia vera.

    Il padre le stava dicendo che un mattino, svegliandosi dopo una notte di tempesta di sabbia nel deserto, era uscito faticosamente dalla sua tenda piantata vicino ad un’oasi e, inaspettatamente, si era trovato di fronte una banda di beduini dall’aspetto bizzarro e pericoloso.

    Armando Devoli, questo il nome dell’archeologo, si era immobilizzato nell’incertezza e nella paura poiché i nomadi si erano messi a ridere ed erano scesi dai loro cammelli sghignazzando. I collaboratori di Devoli erano usciti dalle rispettive tende e guardavano la scena perplessi, pronti ad intervenire.

    A un tratto, il beduino che si mostrava più ardito ed astuto si fermò davanti ad Armando e lo guardò seriamente, mettendo una mano sotto il mantello. L’archeologo si sentì perduto ma rimase immobile mostrando una sicurezza che non provava.

    L’altro estrasse un involto di stoffa poi, in un inglese stentato, disse: “Questa essere bambola per trovare tesoro tu cerchi. Volere tu per dieci dollari?”

    Armando Devoli rimase di stucco. I suoi collaboratori rinfoderarono le armi improvvisate che avevano con sé. L’europeo sapeva che esistevano venditori in ogni angolo di mondo ma a quale tesoro si riferiva l’egiziano? Era approdato in Egitto per trovare antichi reperti ma come poteva una bambola di stoffa realizzare il suo sogno?

    “Accetto!” rispose comunque, giudicando prudente assecondare l’insolita richiesta.

    Quando l’affare fu concluso e i beduini allontanati, Armando consegnò la bambola al suo assistente chiedendogli, senza troppa convinzione, di esaminarla per scoprire qualche eventuale indizio.

    Costantino, il fido aiutante, la osservò con impegno, usando una lente d’ingrandimento e strumenti appropriati. A un tratto avvertì sotto le dita qualcosa di solido. Iniziò a sciogliere i complicati legacci dell’abito della bambola egiziana, estraendo un oggetto metallico.

    “E’ una bussola antica” disse Armando quando la esaminò.

    “E’ ancora funzionante” aggiunse Costantino.

    “Una strana faccenda. Chi ce l’avrà messa?”

    “Se provassimo a dirigerci ad est, dove indica ora l’ago? E’ pure la direzione che hanno preso i beduini”.

    “No, è troppo rischioso e probabilmente inutile”.

    “Potrei andare io in avanscoperta. Non perderei molto del mio lavoro agli scavi” propose Costantino.

    “Mi chiedo perché quegli indigeni ci hanno dato un oggetto che, secondo loro, porterebbe a un tesoro”.

    “Probabilmente non sapevano come utilizzarlo e sono sicuro che intendano sorvegliarci e, nel caso trovassimo davvero un tesoro, sottrarcelo”.

    “In ogni caso, visto che qui i lavori non danno i frutti sperati, vale la pena di tentare”.

    “Sono d’accordo. Partirò questo stesso pomeriggio con una delle nostre guide”.

    “In bocca al lupo!”

    Dopo molte ore di viaggio, Costantino e la sua guida giunsero in un luogo dove trovarono resti di scavi profondi e abbandonati in un’epoca lontana. Procedendo in un minuzioso sopralluogo, si convinsero che sarebbero state necessarie esplorazioni lunghe e laboriose per trovare quello che cercavano. Fecero perciò ritorno al campo base e riferirono agli altri l’esito della breve perlustrazione.

    Entro un mese, tutti i componenti la spedizione smontarono il campo e tornarono nei rispettivi paesi d’origine.

    “…Così la nostra ricerca di un tesoro è rimasta infruttuosa” commentò il papà di Anna concludendo il suo racconto.

    “Ripartirai per continuare il lavoro nel luogo scoperto da Costantino?” chiese la bambina.

    “Per farlo, ho bisogno di una prova che là sia sepolto davvero un tesoro”.

    “Te lo auguro, papà”.

    Anna andò nella sua camera ripensando a tutto ciò che il padre le aveva narrato. Osservò bene la sua bambola e la spogliò nel punto in cui era stata nascosta la bussola. Esplorando una cavità nascosta da una fitta cucitura, toccò un pezzo di carta che estrasse immediatamente.

    Svolse con cautela la piccola pergamena su cui erano tracciati vari segni sconosciuti e sbiaditi. Corse dal padre per mostrargli la preziosa scoperta.

    Armando prese da uno scaffale un libro e decifrò le poche frasi scritte nella lingua olandese di qualche secolo prima. Lesse: ‘Siamo prigionieri in questi scavi sepolti quasi del tutto da una tempesta di sabbia che non ha fine. Nascondo la mia bussola e questo messaggio nella bambola che fa parte del corredo appartenuto a una bambina che si ritiene nipote del Faraone Ramsete II, rinvenuto a cinquanta chilometri a Est dell’Oasi di Kaibib”.

    “Per Giove!” esclamò Armando.

    “E’ l’oasi dalla quale sei appena tornato?”

    “Proprio così. E a cinquanta chilometri a est si trovano gli scavi trovati da Costantino!”

    “E’ straordinario! Ora hai la prova che ti serve per continuare le tue ricerche, non è vero, papà?”

    “Se è una prova autentica, sì. Porterò subito la bambola all’Università per farla esaminare”.

    “Non potrò mai più riaverla?”

    “Te ne farò fare una identica”.

    “Grazie, papà. Sono contenta di aver contribuito alla scoperta del tuo tesoro. Ma potrò venire con te?”

    “Non ancora. Verrai quando sarai diventata anche tu un’archeologa esperta”.

    Maria Rosaria Fortini

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