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Favola della domenica – La preghiera

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    C’era una volta un paesino arroccato su una collina. In un punto più alto degli altri, si ergevano costruzioni imponenti ed antiche. Il luogo veniva chiamato ‘Castello’. Era costituito più che altro da monasteri. La via per accedervi si chiamava ‘Via delle luci’.  Proprio per cercare la luce un giorno una ragazza di nome Angelica si avviò per quella strada. Aggirò un monastero di monaci, uno di suore e arrivò sulla sommità. Il panorama era suggestivo. La ragazza entrò nella chiesa principale dove si apriva un chiostro ancora ben conservato con colonne tutt’intorno e zone di erba verde a circondare un pozzo centrale. Vari affreschi si indovinavano sulle pareti nella zona di culto e di abitazione dei religiosi.

    Angelica entrò in una cappella laterale; l’ambiente era ombreggiato e silenzioso. Si sedette con un libro di preghiera in mano. Le si avvicinò un ragazzo di nome Roberto.

    “Chiedo scusa” disse “ma tra poco dovrò chiudere questa cappella. Ti dispiace spostarti all’interno della chiesa?”

    Angelica sorrise e si alzò. Il ragazzo continuò a parlare: “Dicono che la Madonna dei Lumi abbia fatto molti miracoli; se stai pregando per un motivo particolare, ti auguro che esaudisca ogni tua richiesta.”

    “Grazie, ho bisogno solo che io possa concludere i miei studi.”

    La ragazza uscì all’aperto. Pensò a sua sorella minore. Altro che studi! Il motivo vero per cui avrebbe avuto desiderio di pregare era quello di far guarire sua sorella Marina da una grave malattia alla spina dorsale. Però non ne era stata capace. Da quando aveva conosciuto il responso dei medici a riguardo, non era riuscita più a entrare in una chiesa per pregare.

    Casualmente, presa dalla bellezza del ‘Castello’, quel giorno era stata spinta a visitare la cappella dove il ragazzo l’aveva avvicinata e pregata di allontanarsi. Il libretto di preghiere l’aveva preso su un piccolo scaffale posto accanto ai primi banchi.

    Perché non riusciva a pregare? Il dispiacere, la sorpresa, la rabbia per la malattia di Marina erano stati grandi ma, fino a qualche tempo prima, si sentiva molto fiduciosa che qualsiasi richiesta avesse presentato a Qualcuno ‘lassù’ sarebbe stata esaudita. Ora, con la situazione dolorosa da affrontare, qualsiasi certezza era venuta meno; entrando in un luogo religioso, non provava più pace o gioia, ma solo angoscia ed affanno. Sarebbe tornata a credere come un tempo? E Marina? Sarebbe guarita o la malattia l’avrebbe condizionata per sempre? S’incamminò per i viali ombrosi pensando a quanti uomini nel corso dei secoli si erano avvicendati per quelle stesse strade, quante domande simili si erano poste gli antichi antenati.

    L’umanità non è forse sempre la stessa? A chi poteva rivolgersi per avere delle risposte? A chi quegli antichi si erano rivolti? Guardò il panorama circostante fatto di colline, di una valle e di zone alberate; le foglie cominciavano ad ingiallire e una profusione di colori autunnali dal giallo all’arancio, al marrone, al bordò portavano i suoi pensieri verso un gradino più alto.

    Si avvicinò di nuovo Roberto: “Scusa se ti ho pregato di uscire dalla cappella ma i monaci sono molto severi con gli orari. Mi chiamo Roberto” si presentò “e vengo qui nel tempo libero dagli studi per dare una mano ai religiosi del convento.”

    Angelica si distolse dai suoi pensieri: “Non fa nulla; nella cappella stavo cercando di pregare, ma anche lì mi riesce difficile.”

    Roberto non commentò: “Sai che tempo fa sono guarito da una grave malattia?” disse, quasi leggendo nel pensiero della ragazza che gli stava di fronte.

    “Davvero? Come?” si sorprese Angelica.

    “Pregando, ma non nel modo convenzionale.”

    “In che modo?”

    La temperatura di novembre, in collina, era diminuita. I due ragazzi si incamminarono verso la strada del ritorno.

    Roberto disse: “Si tratta di fare un semplice esercizio.” Angelica, titubante, aspettava le parole rivelatrici.

    Roberto continuò: “Non è difficile, ma bisogna impegnarsi seriamente…Dunque, l’importante è avere la visione di ciò che si vuole realizzare. Per esempio, quando ho scoperto di avere una malattia seria, all’inizio mi sono fatto prendere dallo scoraggiamento ma poi mi sono detto che, se volevo guarire, contrariamente al parere dei medici, io dovevo vedermi guarito e perseguire soltanto quella visione, con tutto me stesso.” Il ragazzo tacque, ricordando quell’episodio. Angelica ascoltava, assorta poi disse:

    “Forse è quello che si dice ‘avere una fede incrollabile’.”

    “Proprio così” approvò il ragazzo.

    “Sei guarito veramente, guarito del tutto?”

    “Sì, e per gratitudine verso i monaci che mi hanno sostenuto in questa mia fede, vengo tutti i giorni ad aiutarli.”

    “Mi piacerebbe saperlo fare” commentò Angelica “ma credo di non esserne capace.”

    “L’ho detto, è solo una questione di esercizio. Se ami veramente qualcuno e vuoi fare il suo bene, devi solo avere la certezza che ciò accadrà, senza nutrire il minimo dubbio.”

    “Certo” commentò la giovane “venendo in questo posto, non è difficile crederlo.”

    “Puoi venire quando vuoi; se non riesci a pregare in chiesa, puoi farlo nel chiostro oppure all’aperto, guardando gli alberi, il verde delle colline e i colori che costituiscono la magia che Dio ha regalato a questo luogo.”

    “Sì, mi sento bene qui, mi sembra che la malattia di mia sorella sia solo un brutto sogno…”

    “Allora ti consiglio di considerarlo solo un sogno, la realtà vera è che tua sorella è sana e perfettamente in gamba, come te.”

    Angelica fu grata al nuovo amico che le aveva regalato tanta speranza. Fece come le aveva consigliato; raggiunse tutti i giorni il luogo incantato in cima alla collina pensando con amore e gioia che presto la sorella sarebbe guarita e avrebbe camminato per quelle strade con lei.

    Quando, durante le festività pasquali, incontrò di nuovo Roberto, poté dirgli con le lacrime agli occhi che Marina era guarita.

    Maria Rosaria Fortini

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