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Favola della domenica – Le due regine

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    C’erano una volta due sorelle di nome Roberta e Ginevra di otto e dieci anni di età. Vivevano in montagna con i nonni. Il loro gioco più frequente era fingersi due regine. “A me piacerebbe abitare in un castello di cristallo” diceva Roberta.

    “A me essere utile al mio popolo” sosteneva Ginevra.

    Sul piccolo paese di montagna quell’inverno cadde tanta neve. Per poter sopravvivere, i nonni decisero di scendere a valle. Dalla casa che stavano lasciando si poteva osservare la diga gelata. Nel tragitto, avrebbero dovuto attraversare il ponte che la sormontava.

    Favola reginePassando su quel cavalcavia Roberta, allegra e spensierata, cantava una canzone mentre Ginevra  sedeva pensosa sulle masserizie poste nel veicolo traballante.

    “Stai zitta, farai arrabbiare i protettori dei ghiacciai” gridò alla sorella. Come costoro avessero inteso quelle parole, le ruote del carro scivolarono sul ghiaccio del ponte e il veicolo si rovesciò. Le bambine furono sbalzate con violenza sul terreno. I nonni, illesi, accorsero in loro aiuto.

    Sorda alla voce della nonna che la chiamava con angoscia, Roberta si ritrovò ad osservare incantata dal parapetto destro l’acqua gelata che appariva immacolata e lontana mentre Ginevra, incurante dei richiami del nonno, guardava dal lato opposto il triangolo finale che il ghiaccio disegnava sulla diga, circondato da alberi innevati. Sul punto più alto, c’era una casupola…

    Roberta provava una strana sensazione; si sentiva attratta dalla superficie dell’acqua che vedeva così distante e, avvolta dalla profondità del paesaggio, si sentì trasportare verso l’abisso.

    In un eccesso di euforia si spostò volando poi, con lentezza, planò sulla superficie ghiacciata. Si guardò intorno curiosa ma il ghiaccio sotto i suoi piedi si ruppe ed ella precipitò per molti metri fino a fermarsi di fronte ad un edifico di cristallo. Sorpresa, osservò ciò che aveva davanti a sé. Nonostante la trasparenza, non si vedeva nessuno. Oltrepassò la soglia e imboccò un lungo corridoio candido. Dopo alcuni passi, notò a destra una porta sfaccettata. Questa si mosse, come azionata da una molla interna.

    Roberta entrò e vide una sala adorna di mobili di colore rosso. Sopra una tavola c’era una pergamena con su scritto : “Se vuoi diventare una regina devi trovare la pietra di rubino.”

    “Diventare una regina?! Ma è proprio quello che desidero!” esclamò felice.

    Si mise a rovistare dappertutto. Guardò in alto, dove si apriva una minuscola finestra. Si arrampicò e afferrò uno splendido rubino, nascosto tra le inferriate.

    Tornò nel corridoio bianco. Ora vi brillava una luce azzurra. Roberta seguì la scia colorata e si trovò su un ghiacciaio che rifletteva l’azzurro della notte. Il palazzo di cristallo era circondato da piccoli laghi.

    Venne attratta da figure femminili. Si avvicinò. Una ragazza le disse: “Sono la principessa Clotilde. In fondo a questo lago c’è la pietra di zaffiro che devi portare, insieme all’altra, nella sala del trono per poter diventare una regina.”

    Senza perdere un istante Roberta si tuffò e nella trasparenza dell’acqua colse il lucente gioiello. Magicamente, si trovò di nuovo nel corridoio bianco. Proprio in fondo ad esso si apriva una porta intarsiata. Entrò. Le apparve una stanza fantasmagorica con i colori delle pietre che aveva in mano. Si fermò di fronte allo scranno regale. Sulla spalliera brillava una pietra bianca, un diamante. Ai suoi lati c’erano due spazi vuoti. Vi posò le pietre che si incastonarono perfettamente ai loro posti… e la magia si compì.

    Roberta si sentì trasformare. Non era più la bambina povera e infreddolita sul ponte gelato ma una regina splendida e potente. Si sedette sul trono a testa alta per sostenere la pesante corona regale e sistemò intorno a sé l’abito e il mantello preziosi…

    “Roberta! Roberta! Rispondimi!” Non era forse la voce della nonna? Da dove veniva? Il palazzo di cristallo scomparve ed ella si sentì giacere a terra in un luogo freddo e duro…

    A sua volta Ginevra aveva percorso a ritroso il breve tragitto seguito dal carretto e si era trascinata giù fin dove si ergeva la piccola costruzione che attirava tanto la sua attenzione. ‘Se c’è un guardiano, vorrei parlargli’ pensò.

    Con cautela, raggiunse la casa di pietra e bussò alla porta di legno. Qualcuno azionò il chiavistello e le aprì.

    “Alfio, chi è?” si sentì gridare dall’interno.

    “E’ una bambina.”

    “Falla entrare!” L’uomo si scostò e Ginevra entrò senza alcun timore.

    “Io vado a cercar legna” disse il marito, uscendo.

    “Buongiorno Ginevra” esclamò la donna rivolgendosi alla ragazzina. “Vieni, accomodati.”

    “Mi conoscete?”

    “Certo! Conosco tutti gli abitanti del paese sopra la diga.”

    “Noi stiamo scendendo a valle” le confidò Ginevra.

    “Lo so. Anche noi dovremmo farlo. C’è pericolo di valanghe in questo periodo. Vieni in camera da letto. Ti faccio conoscere i miei bambini.”

    Ginevra accondiscese senza ricordare nulla dell’incidente sul ponte gelato.

    “Mio marito è grande e grosso ma ha un piede infortunato, se succedesse qualcosa, sarebbe molto difficile allontanarsi da qui.” Proprio in quel momento si udì un rumore di tuono.

    “La montagna si muove! Alfio corri, corri, arriva una valanga!” urlò la donna chiamandolo dalla finestra. L’uomo lasciò cadere la legna dalle braccia e, zoppicando, si affrettò a rientrare in casa. I bambini, alle grida della madre, si erano svegliati e correvano in cucina piangendo.

    Ginevra, in quel clima di panico, superò lo spavento e li convinse a seguirla trascinandoli fuori della costruzione in pericolo. La donna, aiutando il marito, s’incamminò per il sentiero in salita. In breve, tutti raggiunsero il ponte e poi la strada che portava al paese. La valanga, con un gran tonfo, seppellì la casa e parte del lago circostante.

    “Appena in tempo!” esclamò la madre. “Brava, brava Ginevra, non ce l’avremmo mai fatta senza di te” disse abbracciandola.

    Gli abitanti accorsi ad aiutarli la imitarono, esprimendo parole di lode per il suo coraggio e la sua generosità. In quel momento, ella si sentì veramente una regina…..

    “Ginevra, Ginevra, svegliati!” gridava angosciato il nonno. Alla voce familiare, la bambina si svegliò e si sollevò da terra. Vide il carretto rovesciato e la nonna che aiutava Roberta a rialzarsi. Le due sorelle si appoggiarono al parapetto del ponte. La casa di pietra era ancora al suo posto e dal comignolo usciva un rassicurante filo di fumo mentre a destra, sul fondo, si vedeva l’acqua gelata lontana e irraggiungibile.

    “Ginevra, ho fatto un sogno straordinario” disse Roberta.

    “Anche io. Devo  raccontartelo subito”.

    Le due bambine aiutarono i nonni a risollevare il loro unico mezzo di locomozione e per tutto il tragitto parlarono delle incredibili avventure che avevano vissuto nei brevi istanti in cui erano rimaste a terra prive di sensi, augurandosi che la vita a valle sarebbe stata per loro ugualmente magica e fantastica.

    Maria Rosaria Fortini

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