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Favola della domenica – Le tre fate

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    Milviana, Rosalbina e Pandifiore erano tre fate belle come l’aurora, leggiadre e lievi come farfalle.

    Il destino le aveva messe insieme dalla notte dei tempi e, anche se si amavano, a volte benevolmente bisticciavano. Quel giorno parlavano del mondo degli uomini, di cui si interessavano spesso.

    “Io dico che dobbiamo vivere in mezzo a loro” disse la prima.

    “Non è poi così indispensabile” asserì la seconda.

    “Ma dovranno pur ricordarsi di noi” aggiunse la terza.

    “Siamo a due passi dalla loro atmosfera e non hanno idea che qui esiste ancora il mondo delle fate!”

    “Sì, certo; noi sappiamo fare magie e incantesimi, ma chi ti dice che sia necessario che loro lo sappiano?”

    “I bambini lo sanno!” dichiarò Rosalbina.

    “Ne sei sicura?”

    “Altroché! Io gioco sempre con i piccoli”.

    “Io preferisco rivelarmi agli adulti. Voglio costringerli a ricordarsi di noi fate” asserì Pandifiore.

    “Sarà un’impresa difficile ma sono con te” concluseMilviana.

    Le tre sorelle scesero dal luogo incantato oltre l’atmosfera per dare ampia dimostrazione dei loro poteri all’incredulo genere umano.

    “Peccato che sulla Terra non ci siano più principi, principesse, animali parlanti e streghe. Sarebbe stato facile mettere in opera come una volta i nostri incantesimi” disse Pandifiore.

    “Ma a questo si può rimediare!” esclamò Milviana che delle tre era la più intraprendente. “Ascoltate la mia idea: ipnotizziamo tutti gli esseri umani e rappresentiamo loro una storia in cui possano riconoscerci”.

    “Per me va bene”.

    “Purché sia divertente!” disse Rosalbina che fra tutte era la più gioconda.

    Fu così che, all’improvviso, tutte le attività degli uomini si fermarono e, per un lunghissimo istante, le belle fate recitarono una storia avvincente di personaggi buoni che vincevano sui malvagi grazie all’intervento di tre magiche sorelle.

    Al risveglio, tutti gli umani pensarono che sarebbe stato bello credere ancora alle fate. Milviana, Rosalbina e Pandifiore ascoltarono le riflessioni degli uomini.

    “Ho avuto un’idea! Per esaudire il loro desiderio, potremmo portarne alcuni a visitare il nostro mondo. Vediamo che cosa ne pensano” propose Milviana.

    Le sue compagne accettarono la proposta con entusiasmo e un bel giorno, durante le otto ore della notte, che nel luogo fatato risultava essere un anno, uomini donne e bambini vennero accompagnati in un luogo magico dove si producono meraviglie, oltre l’atmosfera.

    Là tutto sembrò fantastico agli occhi del gruppetto scelto con particolari criteri dalle tre deliziose fatine. Non esisteva la notte, né il giorno, né le strade, né i palazzi, né cibo, né acqua. Tutto era una bellissima realtà.

    I più giovani e i meno giovani sapevano che il tempo passava, ma guardandosi l’un l’altro non si riconoscevano perché avevano assunto l’espressione candida della fanciullezza.

    In quel mondo imparavano a volare, a parlare il linguaggio delle fate, a vestirsi con le nuvole, a costruire con il pensiero. Era un’esperienza meravigliosa.

    Gli uomini e le donne andavano in giro interrogando le fate. Da dove venivano? Quali erano i loro compiti? Potevano anch’essi imparare qualche loro segreto?

    “Il nostro unico segreto” confidò Pandifiore “è la capacità di esaudire i desideri di persone buone che sono in difficoltà”.

    “Possiamo impararlo anche noi?”

    “Va bene. Seguiteci”.

    In un’ampia vallata del loro bellissimo mondo, esse mostrarono agli uomini tre sorgenti: “Queste sono le fonti da dove attingiamo il nostro potere. La prima è la sorgente della bellezza, la seconda è la sorgente della gioia e la terza è la sorgente della bontà. Immergetevi in esse e confidateci poi le vostre impressioni”.

    Gli umani furono ben felici di seguire i consigli delle fate e si immersero nelle acque cristalline delle tre fonti. Nuotando nelle pozze sorgive, a ciascuno venne in mente un unico pensiero: ‘Acquisteremo anche noi il potere delle fate e, di conseguenza, avremo l’obbligo di portare aiuto alle persone buone in difficoltà”.

    “In che modo potremo esercitare i poteri acquisiti dopo esserci immersi nelle vostre sorgenti?” domandò un serioso avvocato.

    “Condividendo le vostre energie di bontà, bellezza e gioia”.

    “Ehm, ehm, sì, veramente mi sento molto gioioso. Sono un importante avvocato, non dovrei discutere cause con l’allegria che sento in questo mondo ma, stranamente, credo che sarò molto più utile al mio prossimo trattando le sue cause con il buonumore piuttosto che con troppa serietà”.

    Di rimando, una poetessa commentò: “Anche io ho sempre scritto versi di tristezza e di solitudine, pensando di essere più alla moda e di incontrare maggiormente l’interesse del pubblico ma mi accorgo adesso che scrivere di bontà e di bellezza sia adeguato ai sentimenti che provo qui, in questo magico mondo e che il pubblico si aspetti proprio questo da me”.

    “Bravi!!” esclamarono in coro le tre fate.

    Intervenne un ragazzo: “Potremo anche fare incantesimi nel mondo di sotto, care sorelle?”

    “Perché no? Venendo a trovarci di tanto in tanto, forse sarete capaci anche di questo” conclusero ridendo Milviana, Rosalbina e Pandifiore felici di essere riuscite nel loro intento. Cioè di aver reso coscienti uomini donne e bambini della loro esistenza e di un mondo fatto soltanto di bontà, bellezza e gioia.

    Maria Rosaria Fortini

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