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Favola della domenica – Sotto l’ombrellone

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    La famiglia Venturini era solita, nel mese d’agosto di ogni anno, recarsi al mare e trascorrere la maggior parte della giornata in spiaggia sotto un ombrellone a spicchi colorati.

    Vi trovavano posto la zia Erminia, zio Ernesto con le figlie Sara e Letizia, i fratelli Cristina e Manlio e i cugini Ugo e Fabietto. Infine c’era nonna Serafina, la patriarca della famiglia.

    Letizia e Fabietto avevano sette anni. Cristina ne aveva diciannove anni e Manlio diciassette.

    Per gran parte del mese gli altri genitori erano in città a lavorare. In loro assenza, vigeva una rigida disciplina: i ragazzi più grandi dovevano occuparsi dei più piccoli.

    Alle nove di mattina, dopo un’abbondante colazione, si recavano tutti sulla spiaggia non ancora infocata dal sole. Lo zio Ernesto piantava l’ombrello colorato nella rena e poi si sistemava a due passi dal mare su una sedia gialla a prendere il sole o a risolvere enigmi e cruciverba. Zia Erminia sistemava la piccola Sara sull’ombra rotonda di un asciugamano da mare cullandola per farla addormentare e Manlio e Cristina raggiungevano la battigia muniti di racchettoni.

    ‘Quando verrà il mio turno?’ chiedeva il dodicenne Ugo, sempre ansioso di partecipare ai giochi dei più grandi. Se non gli davano retta, giocava con palle di sabbia vicino alla riva minacciando di colpirli. Alla fine, i due fratelli gli cedevano le racchette e tornavano sotto l’ombrellone per giocare a carte.

    I più piccoli, sempre indipendenti, prendevano secchiello e paletta e scavavano buche, costruivano castelli oppure inventavano storie fantasiose su mostri marini e meduse giganti che raccontavano poi a Sara per spaventarla.

    Verso le undici, o anche prima, scattava il permesso di tuffarsi nell’acqua. Manlio si dirigeva verso il largo seguito da Ugo, Letizia e Fabietto giocavano con la palla in mezzo al mare e Cristina galleggiava appoggiata a un materassino colorato insieme a zia Erminia. Era l’occasione di confidarle i propri segreti; sugli amici rimasti in città, su un ragazzo più assiduo di altri, sui programmi scolastici per il futuro. La zia ascoltava attentamente e partecipava con allegria ai racconti della nipote, consapevole che i suoi crucci erano gli stessi che aveva provato ella stessa nella propria adolescenza.

    Uno alla volta, i ragazzi tornavano a casa, grondanti d’acqua. Nonna Serafina aveva già preparato una bibita energetica a base di uovo sbattuto e marsala.

    A Cristina piaceva accompagnare la nonna a fare due passi con i piedi immersi nel mare e un gran cappello di paglia per difendersi dai raggi del sole. Chiacchieravano fitto fitto e si fermavano qua e là a salutare i conoscenti scesi in spiaggia dalle casette poco lontane oppure raccoglievano le conchiglie che la risacca aveva portato a riva la sera precedente. La nonna era sempre allegra e affaccendata e dava saggi consigli  ai suoi nipoti.

    Letizia e Fabietto non di rado erano spediti a fare piccole commissione che eseguivano con entusiasmo. Il loro più grande desiderio era infatti di stare insieme, in spiaggia, a passeggio e perfino sul letto, a raccontarsi storie, quando era ora di andare a dormire.

    Ugo, che amava il mare come suo elemento naturale, divertiva tutti con la passione per la pesca subacquea e mostrava il suo talento quando riemergeva trionfante con qualche pesce ancora tremante tra le mani e annunciava: ‘Guarda, nonna, ho procurato la cena per tutti’.

    Nonna Serafina, invece, di sera, si fermava sul bagnasciuga a prendere le telline che cucinava in padella a scottadito per la gioia di tutti.

    Manlio, che si sentiva già adulto, salutava i parenti e usciva con il suo gruppo di amici per andare a ballare o per gironzolare nelle strade del vicino paese fino a notte fonda.

    Finalmente, nei giorni di festa, arrivavano anche i genitori dalla città. Si sentivano risuonare scoppi di risa, parole affettuose e rimproveri che riempivano la piccola casa costruita sulla spiaggia.

    Come rito domenicale, la comitiva si recava al vicino Porto a vedere le barche. Ugo assicurava che nella sua futura vita sarebbe stato un uomo di successo e avrebbe comprato la barca più bella attraccata in Porto.

    I bambini, dopo aver scorrazzato per il lungomare, andavano a prendere un enorme cono gelato offerto da zio Ernesto.

    Tra chiacchiere, giochi di bambini e visite a negozi e bancarelle, si faceva tardi. Allora, i genitori compravano pezzi di pizza di tutti i gusti che accompagnavano il viaggio di ritorno fino a casa con il loro irresistibile profumo.

    Riposando sotto l’ombrellone a spicchi colorati, Cristina pensava di desiderare, per il suo futuro, proprio una vita come quella che stava vivendo: di tranquilla e affettuosa gioia di vivere contornata da persone e bambini che le volevano bene.

    Che cosa avrebbe riservato, in realtà, l’esistenza, a lei, a Ugo, vivace e curioso, a Manlio, riservato e indipendente, a Letizia, a Fabietto, a Sara? Chi avrebbe potuto dirlo?

    E così, distesa sulla sabbia a occhi chiusi e con il corpo bagnato da mille goccioline, si proiettava con la fantasia in un ipotetico futuro e, prevedendo le vicende della vita, formulava questi pensieri in versi:

    Lento è il respiro del giorno

    lento e dischiuso in un unico ritorno.

    Dov’è il sole, che splende sulla sabbia rovente?

    Dove sono le scintille che brillano sull’acqua

    a mille a mille?

    Immagini a frammenti

    che mi portano con gioia a quei momenti

    che sembrano svaniti

    ma che sono, all’anima, infiniti.

    Quale sarà allora il mio domani?

    Quello che costruirò con le mie stesse mani

    o quello che mi mostrerà Dio

    al cui ineffabile respiro dovrò rimettermi anch’io?

    Maria Rosaria Fortini

     

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