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Favola della domenica – Il principe coniglietto

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    C’era una volta un contadino di nome Paolo che non sapeva di essere l’erede di un re.

    Un giorno, si presentò alla sua porta la maga Malvista che previde per lui un grande avvenire.

    Dopo qualche tempo, il Comandante della Guardia Reale venne a prelevarlo comunicandogli che, come pronipote segreto di re Enrico di Slovacchia, rimasto senza eredi, sarebbe diventato, alla sua morte, il nuovo re.

    Paolo cadde dalle nuvole e chiese a sua madre, con la quale divideva la modesta casa e i campi, se ne sapesse qualcosa.

    “Mi ricordo” disse la donna “che tuo nonno parlava di un segreto che, se fosse venuto alla luce, avrebbe cambiato le sorti della nostra famiglia. Io non gli ho mai creduto.”

    “E’ pazzesco” disse Paolo “non potremo più stare qui. Dovremo trasferirci al palazzo reale.”

    “Io non verrò con te. Sono troppo anziana e inadatta a vivere tra i nobili.”

    “Mi dispiace” disse sconsolato Paolo che si diresse, con la Guardia Reale, verso la sua nuova dimora.

    Appena arrivato, fu subito avviato a prendere conoscenza dei suoi nuovi doveri, primo fra tutti la scherma e il galateo, poi il ballo, le lezioni di politica e di diplomazia. Non fu neanche presentato al vecchio re prozio.

    Un giorno, incontrò Malvista: “Salve, ragazzo, come stai? Hai visto che avevo ragione?”

    “Proprio voi! Che bel favore mi avete fatto! Studio tutto il giorno e non ho conosciuto neanche il sovrano mio zio” protestò. “Che cosa fate? Abitate qui?”

    “Sì, sono parente del re, ma non andiamo molto d’accordo.”

    Paolo esclamò: “Vorrei, se possibile, chiedervi un favore.”

    “Dì pure, ragazzo mio, sono a tua disposizione.”

    “Mi dispiace molto che mia madre sia rimasta in campagna. Sento la sua mancanza. Esiste un modo per raggiungerla senza essere visto?”

    “Certo che c’è. Potresti trasformarti in un coniglio.”

    “In un coniglio!?”

    “Non vorrai diventare un leone oppure un pappagallo, spero. Sarebbero troppo appariscenti. Un coniglio è quello che ci vuole, fidati di me.”

    “Se lo dite voi.”

    “Quando vorresti andare?”

    “Di notte, perché le ore del giorno sono tutte impegnate a studiare.”

    “Si può fare. Di sera, o quando lo vorrai, dovrai pronunciare la frase: ‘Pelo peletto, voglio diventare un coniglietto’. Per tornare uomo, dirai: ‘Pelo peletto voglio ritornare un ragazzetto’; l’incantesimo si compirà per permetterti di andare a casa e per entrare ed uscire dal castello non visto.”

    “Vi ringrazio.”

    Il giorno seguente, di ritorno dalla visita a sua madre in veste di coniglio, Paolo incontrò una bellissima fanciulla.

    “Ehilà, che ci fai qui?” La ragazza fu così entusiasta dell’incontro, che prese Paolo per le zampette e lo costrinse a saltare e a ballare. “Ti porterei con me, coniglietto” disse poi “ma sono qui di nascosto… sai” continuò “sono molto triste perché, per ragioni di Stato, dovrò fidanzarmi con il conte Venceslao, il cugino del re, e non vorrei farlo assolutamente…. Ora devo lasciarti perché sta per arrivare mio fratello Andrea e voglio salutarlo.” Si congedò con una carezza.

    Paolo sentì rimescolare il sangue e inorridì al pensiero della bella fanciulla sposata al brutto e vecchio conte Venceslao che aveva intravisto nei giardini reali. ‘Sarà infelicissima’ pensò.

    Di ritorno al castello in veste di principe, s’imbatté in Andrea. Si presentò: “Sono Paolo di Slovacchia, Pretendente al trono”.

    “E io Andrea di Moravia, il fratello di Esmeralda. Conoscete mia sorella?”

    Prima di rispondere, Paolo vide avvicinarsi la fanciulla. S’inginocchiò: “Buondì, madamigella, sono il Pretendente Paolo, vi ho vista da lontano in questi giorni. Siete incantevole!”

    Esmeralda sorrise divertita e gli porse la mano da baciare: “Vi ringrazio. Spero di vedervi domani, in occasione del mio fidanzamento con il conte Venceslao.” Il suo viso si fece tristissimo e fu allora che Paolo decise di impedire a tutti i costi la cerimonia dell’indomani.

    Alle nove di sera, nelle vesti di coniglio, piombò nella sala delle feste combinando un finimondo: salì sulle tavole imbandite, afferrò le vesti delle dame ingioiellate e, alla, fine, rovesciò tutte le sedie sfuggendo al cuoco e a tutti quelli che volevano farlo a fettine e poi arrosto.

    La mattina successiva, nel bosco, incontrò di nuovo Esmeralda che lo baciò dicendo: “Ti sono grata, coniglietto. Per merito tuo la mia festa di fidanzamento è stata rimandata. Vorrei che non si facesse mai più e sposerei colui che riuscisse ad impedirlo.”

    Al settimo cielo per il bacio e per la promessa, Paolo ordì un piano. La sera stessa convocò una moltitudine di conigli residenti nelle campagne circostanti.

    “Vengo dal castello del re” disse “ho scoperto che le dispense traboccano di carote e cibi prelibati di ogni genere. Vogliamo assalirle tutti insieme? Conosco un passaggio incustodito che ci permetterà di entrare.”

    Cento conigli grandi e piccoli esclamarono entusiasti: “Sìììì.”

    “L’appuntamento è per domani mattina. Attenzione, però! Ad un mio segnale, dovremo tutti ritirarci in gran fretta.”

    Poco dopo, al castello, il giovane incontrò Andrea; gli raccontò la sua storia. Alla notizia che Paolo e il coniglio che aveva combinato il putiferio nella sala delle feste erano la stessa persona, Andrea si sciolse in irrefrenabili risate. Poi ascoltò il piano dell’amico per liberare Esmeralda dalla promessa di matrimonio ed, entusiasta, accettò di aiutarlo.

    Mentre l’Erede al trono guidava l’assalto dei conigli alle cucine, Andrea si presentò al sovrano nella sala delle udienze dicendogli che quell’assalto poteva essere respinto solo se avesse acconsentito ad annullare le nozze di sua sorella con Venceslao.

    Il re si fece paonazzo in volto per la rabbia e decise di diseredare il pronipote. A un tratto vide accorrere sua cugina Malvista che perorò la causa di Paolo, a suo dire, ‘un bravo, ingegnoso e audace giovane, l’unico a meritare di ereditare il trono di Slovacchia’.

    Re Enrico si tolse la corona dalla testa e la sbatté tre volte sul trono reale esclamando: “E’inaudito! Mi si sta ricattando! E da chi poi? Da una maga, per sfortuna mia cugina, e da un nipote che ho nominato Pretendente al mio trono!”

    Avvertito da Andrea, Paolo arrivò nelle vesti di coniglio e, di fronte al re e ad Esmeralda, si trasformò in uomo dopo aver detto: “Pelo peletto, voglio ritornare un ragazzetto.”

    Superato un attimo di sbalordimento, la fanciulla corse ad abbracciarlo, versando lacrime di felicità. Il re s’intenerì ma poi mise una mano sul petto: “Non osate mai più fare simili scherzi! Ho rischiato un colpo al cuore.” Poi, rivolto al pronipote: “Voi, Paolo, mi avete deluso poiché vi siete rivelato un pericoloso rivoluzionario.”

    “Perdonatemi, re prozio, non volevo. L’ho fatto per amore, solo per amore. Mi concedete la mano della sorella di Andrea di Moravia?” Paolo s’inginocchiò, esprimendo pentimento e ardimento allo stesso tempo.

    “E sia” si arrese il sovrano “acconsento a darvi in sposa Esmeralda, ma solo se lei accetterà.”

    “Sì, maestà, lo desidero molto; amo Paolo come amavo il mio coniglietto…”

    Re Enrico sospirò, sollevato, poi decise di ritirarsi, stanco di tante emozioni.

    Tutti furono felici della conclusione della storia tra Paolo ed Esmeralda, perfino Venceslao, che nel frattempo si era invaghito di un’anziana contessa. Ringraziarono il re per la sua clemenza e festeggiarono l’avvenimento con canti e danze per l’intero giorno, fino al tramonto.

    Maria Rosaria Fortini

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