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Favola della domenica – Il segreto svelato

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    C’erano una volta quattro amici che volevano raggiungere la cima di una montagna. Si trovavano all’altitudine di 1.200 metri e si erano prefissati di arrivare a quota 2.500.

    La cima si stagliava contro il cielo estivo appena solcato da qualche nuvola. Sui fianchi del monte spiccavano estesi nevai che riflettevano la luce del sole.

    “E’ uno spettacolo fantastico” esclamò Ugo, sistemando lo zaino dietro le spalle.

    “Andremo presto a guardarlo da vicino” disse Sandro.

    “Dobbiamo aspettare solo fino a domani” osservò Flora, la sua ragazza.

    Si trovavano in mezzo a un bosco di larici, abeti e fiori selvatici. Il profumo del luogo si confondeva con il rumore dell’acqua del torrente che scorreva più in basso e che li accompagnò lungo il sentiero nel tragitto di ritorno.

    “C’è qualcosa di magico, qui” sussurrò Rosella, osservando due farfalle gialle.

    “Più ancora ce ne sarà domani, sulla montagna”.

    “Vorrei proprio svelare il segreto di tanta magia” aggiunse Sandro, fermandosi a guardare ancora una volta la punta del macigno dietro di sé.

    La mattina successiva si alzarono alle cinque, dopo aver trascorso la notte sognando la prossima escursione. Alle sei erano pronti per mettersi in marcia.

    Sandro era davanti a tutti. Nonostante l’incedere calmo e cadenzato, non vedeva l’ora di trovarsi in alto. L’aria era pungente ma il sole faceva capolino all’orizzonte. Si preannunciava una giornata splendida. Il bosco finì e iniziò il sentiero all’aperto.

    Camminavano a passi brevi. Dopo due ore, il viottolo diede spazio a una strada ripida fatta di sassi e di roccia. Iniziarono ad arrampicarsi, con la mente rivolta all’obiettivo da conquistare. Dopo poco, ebbero bisogno di legarsi l’uno all’altro per superare un tratto ferrato sopra un dirupo. Dall’altra parte, c’era il nevaio bianco che rifletteva i raggi del sole.

    Decisero di fermarsi per bere e riposare. Dalla base nevosa fuoriusciva un’acqua limpida e gorgogliante.

    “Il cielo è di un bianco splendente” osservò Rosella.

    “Mi sento stranamente rilassato” continuò Sandro.

    “Non si vedono animali, non è strano?” disse Flora.

    “Che vuoi dire?” chiese il suo compagno.

    “Che mi sembra un paesaggio irreale, fantastico.” Ora il nevaio aveva assunto un colore ancora più bianco e luminoso.

    “Non dipenderà dall’acqua che abbiamo bevuto?”. Furono investiti da strane impressioni.

    “Vedi anche tu quello che vedo io?” chiese a un tratto Flora a Rosella.

    “Che c’è?” chiesero gli uomini.

    “Un omino piccolo piccolo.” Sandro si spostò di lato con un salto. Tanti esseri in miniatura lo circondavano.

    “Devono essere folletti” disse Rosella senza alcuna paura. “Oppure elfi o gnomi o fate”.

    “Dove siamo capitati?” si chiese Ugo, incredulo, affrettandosi ad aprire la carta dove erano riportate in modo minuzioso le indicazioni del percorso appena fatto e del nevaio dove stavano vivendo una strana avventura.

    “Avremo preso un sentiero nascosto agli occhi umani” ipotizzò Sandro.

    “E’ tardi, è ora di ripartire” gridò Ugo “non siamo venuti qui per rimanere ma per riposare e arrivare poi fino alla cima; non è così, forse?”

    “Calmati, tra poco andiamo” disse Rosella che si divertiva a prendere in mano due o tre fatine che volavano intorno a Flora. Quando decisero di riprendere il cammino, furono seguiti e contornati dalle figure magiche che, invece di distrarli, aiutavano i ragazzi a salire e a superare i tratti più difficili. Impiegarono due ore. Alla fine, con un gran respiro liberatorio, i quattro amici giunsero alla vetta.

    Si alzò il vento, arrivarono nubi dense di pioggia. Il cielo si oscurò. Si affrettarono a prendere la via del ritorno. Ora non c’erano più presenze straordinarie intorno a loro. Man mano che scendevano a valle si convincevano di aver avuto allucinazioni dovute alla fatica e all’altezza.

    “Tutte le favole parlano di gnomi, fate ed elfi, ma nessuno dice di averli mai visti” disse Rosella quando furono di nuovo di passaggio sulla neve.

    “Forse i bambini li vedono, ma nessuno crede alle loro parole” osservò Flora, appassionata maestra.

    “Bisognerebbe dimostrare la loro esistenza, ma è impossibile” affermò Sandro.

    “Coraggio, ragazzi, dimentichiamo l’episodio. E’ stato semplicemente un caso di suggestione collettiva” tagliò corto Ugo che, da medico, aveva imparato a non credere all’irreale.

    Appena furono di nuovo nel bosco profumato di resina e di fiori, si fermarono a guardare la cima del monte appena conquistata.

    “Forse, tutto sommato, non è sbagliato credere che esistano altri mondi accanto al nostro” ammise Ugo.

    “Hai ragione” disse Sandro, ricordando di aver desiderato di svelare il segreto della montagna. “Siamo stati sfiorati da un mondo misterioso e magico e spero di avere il privilegio di incontrarlo ancora”. Provò, a questo pensiero, una gioia incredibilmente intensa.

    Maria Rosaria Fortini

     

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