Le rubriche di RomaDailyNews - OPS - Opinioni politicamente scorrette - di Arrigo d'Armiento

Reversibilità, no alla proposta Boeri, ma occorrono limiti

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    Sui social, nei bar, dai parrucchieri, alle casse dei supermercati le donne non fanno altro che parlare, in questi giorni, della possibilità suggerita dal presidente dell’Inps Tito Boeri di attaccare, ridurre, eliminare le pensioni di reversibilità. Fatemi dire qui la mia opinione, come sempre politicamente scorretta, visto che sui social mi spernacchiano e non frequento né bar né parrucchieri e alle casse dei supermercati non apro bocca, se non per bloccare i tentativi delle furbette che cercano di passarmi avanti senza chiedermi il permesso.

    Non condivido la trovata ignobile di Boeri, che vuole far pagare alle vedove gli sprechi e i furti della classe politica, ma non mi va bene nemmeno che la reversibilità sia riconosciuta a chi non la merita. La reversibilità mi va bene se si tratta di riconoscerla a donne (o a uomini, ma è raro, perché gli uomini hanno l’abitudine di precedere quasi sempre le mogli nell’ultimo viaggio), a donne, dicevo, sposate e con figli. Insomma a donne che hanno rinunciato a lavorare per crescere i figli (e i figli cresciuti dalle madri invece che dagli asili nido crescono molto meglio), non a donne che hanno passato la vita tra casa e parrucchiere e tè con le amiche in attesa del maritino che torna a casa affamato.

    Non avete figli? Andate a lavorare, rendetevi indipendenti. E se i contributi che riuscite a accumulare non bastassero, allora si potrebbero integrare con quelli del de cuius.

    Altre vedove a cui non riconoscerei la reversibilità sono quelle donne che sposano vecchietti che potrebbero essere loro nonni. Quante badanti di venti o trenta anni si fanno sposare dai rimbambiti novantenni che accudiscono? Lo fanno solo per mettere mano ai loro averi e alla pensione di reversibilità. Ecco, io metterei dei limiti alla differenza d’età nei matrimoni ai fini della reversibilità. Insomma, niente reversibilità a vedove senza figli e a vedove di uomini di 20 (o 30) anni più anziani.

    E la stessa regola, mi pare evidente, la riterrei valida anche nei confronti dei contraenti delle unioni civili. Niente contro i matrimoni gay, per carità, ma il maritino che sta a casa in attesa del ritorno del maritino dal lavoro, non accetto che vada in pensione coi soldi dei contribuenti. Che vada a lavorare.

    Sui particolari si può discutere, sul principio io non arretro.

    Arrigo d’Armiento

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