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Nordio: Rosatellum? No, va cambiata la Costituzione

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    Nordio: Rosatellum? No, va cambiata la Costituzione –

    Carlo Nordio, magistrato in pensione, entra con un editoriale sul Messaggero sulle polemiche che hanno accompagnato i risultati delle recenti elezioni. E spiega perché non è colpa del Rosatellum, il sistema elettorale, se l’Italia è diventata ingovernabile, è conseguenza di quanto c’è scritto nella Costituzione.

    “I due pilastri di un sistema democratico – scrive Nordio – sono, o dovrebbero essere, la rappresentatività e la governabilità: cioè la presenza in Parlamento di tutte le forze politiche in ragione del loro consenso elettorale, e la possibilità per il potere esecutivo di attuare il proprio programma in tempi e modi ragionevoli”.

    CARLO NORDIO

    CARLO NORDIO

    “Se questi due princìpi – aggiunge il giurista veneto – sono di facile comprensione, in realtà sono di attuazione difficile, perché tanto maggiore è la frammentazione dei partiti tanto minore è la possibilità di una loro aggregazione”. (…)

    Dopo il lungo periodo di governabilità, di stabilità assicurato dal dualismo tra Dc e Pci, crollato insieme al muro di Berlino, si è creduto di risolvere il problema di assicurare rappresentatività e governabilità con il maggioritario, corretto da una quota proporzionale, il cosiddetto Mattarellum. Funzionò finché a disputarsi il potere erano due coalizioni, centrodestra e centrosinistra. Fin qui il mio riassunto dell’esauriente analisi di Nordio. Ma ora torniamo al suo testo.

    “Poi – scrive Nordio – le leggi elettorali sono cambiate: quella attuale è la peggiore di tutte, ma è un grave errore addebitarle colpe che non ha. Se infatti il nostro Parlamento si trova ora in uno stallo insolubile, ciò non deriva dal “Rosatellum”, ma da una circostanza affatto nuova: che i blocchi sono diventati tre, e nessuno vuole né può allearsi con gli altri due.

    “E – aggiunge Nordio – ciascuno ha le sue buone ragioni di pretendere ciò che pretende: Di Maio e Salvini, che chiedono l`incarico, perché rappresentano rispettivamente il primo partito e la prima forza di coalizione; e il Pd che si isola in una sdegnosa opposizione perché diversamente, dopo aver perso le elezioni, perderebbe anche la faccia”.

    E allora? “Allora – scrive Nordio mettendo il coltello nella piaga – bisognerà fare una profonda riflessione sulla nostra impalcatura costituzionale: se cioè privilegiare la rappresentatività, che di fronte a tre grandi formazioni incompatibili rende quasi impossibile la formazione di un governo duraturo, oppure la stabilità, che però sacrificherebbe la voce di una grossa fetta di elettorato”.

    “Questi principi sono quasi banali, e sono noti a tutte le democrazie parlamentari, a cominciare dal Regno Unito che ne è stato l`artefice: e dove il Partito Liberale, con un venti per cento di elettori, spesso ha ottenuto ai Comuni solo una manciata di deputati. Oppure in Francia, dove Macron – come i suoi predecessori – governa con il consenso di circa un terzo dei francesi”.

    Ma si può fare questo da noi? “No, risponde Nordio, non si può fare. E non si può fare non per colpa del Porcellum, del Rosatellum o di altre fantasiose alchimie, ma semplicemente perché la nostra Costituzione enfatizza la rappresentatività a scapito della stabilità, rendendo difficile la formazione di un governo che governi”.

    “E infatti – ricorda Nordio – i due tentativi di porvi rimedio, cioè l`introduzione del premio di maggioranza e del ballottaggio, sono stati bocciati dalla Corte Costituzionale con due sentenze, rispettivamente del 2014 e del 2017, proprio perché, favorendo troppo i vincitori, violavano il principio di rappresentatività.

    “La Corte ha fatto bene, conclude Nordio,  perché ha bene interpretato la Costituzione. Se però quest`ultima interpreti ancora bene le nostre attuali esigenze, è tutto da vedere”.

    Lasciatemi aggiungere, alle sagge parole di Nordio, una mia considerazione che nasce dalla sua perfetta analisi. Modificare la costituzione si può fare, secondo me, in due modi: renderla compatibile col maggioritario, scrivendolo sulla Carta, oppure passando nettamente alla repubblica presidenziale o semipresidenziale, con l’elezione diretta del capo dello Stato e l’abolizione del voto di fiducia.

    Il regime semipresidenziale secondo Pacciardi può essere compatibile anche con un sistema elettorale di tipo proporzionale, più accettabile dagli italiani. Il governo governerebbe per cinque anni e il parlamento dovrebbe dividersi o aggregarsi soltanto sulla elaborazione e sulla votazione delle leggi. Si formerebbero maggioranze diverse, trasversali, secondo la legge in discussione. Senza impedire al governo di governare.

    Arrigo d’Armiento

     

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