Le rubriche di RomaDailyNews - OPS - Opinioni politicamente scorrette - di Arrigo d'Armiento

Romano: reati inventati per sbarazzarsi d’un concorrente

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    MontecitorioSergio Romano sul Corriere della sera torna oggi sulla questione dell’immunità parlamentare, in risposta a un lettore che non riesce a capire la differenza tra garantismo e giustizialismo. Al lettore appare ingiusto che un parlamentare che abbia commesso un delitto sia “garantito” invece che “sottoposto a giudizio” come qualsiasi altro cittadino. E Romano gli precisa che nessuna immunità impedisce di punire il deputato che abbia commesso un reato. Ma, con grande pazienza spiega a chi non vuol capire, “esistono anche i deputati che sono accusati di avere commesso un reato da chi desidera sbarazzarsi di un concorrente: una fattispecie molto frequente nella vita politica, non soltanto italiana”.

    Verissimo, e chi legge i giornali senza i paraocchi delle proprie manichee convinzioni politiche, casi simili può vederli ogni giorno. Deputati e senatori accusati di reati anche gravi, sottoposti a processi prima mediatici e poi giudiziari, sono spesso assolti dopo anni, anche dieci anni o più, quando ormai la loro carriera politica è stata bloccata per sempre sulla base di notizie di reato false, infondate, inconsistenti, di dichiarazioni di pentiti a comando prese sul serio dai pm senza prove e infine smentite dalle sentenze.

    Non c’è bisogno di far nomi, sono troppi, di deputati e senatori, di leader politici che hanno visto la loro carriera interrotta, con gravi danni anche per la vita democratica italiana, con la scomparsa di interi partiti o il loro ridimensionamento nelle lotterie elettorali.

    I cittadini poco attenti si fermano alla parola immunità dei parlamentari, senza sapere di che cosa parlano. In realtà, l’istituto dell’immunità parlamentare è stato modificato pesantemente nel 1993 quando i partiti, sotto lo schiaffo di mani pulite e mal consigliati dal presidente Scalfaro – ah, quella moral suasion mal intesa! -, decisero di suicidarsi rinunciando a gran parte dell’immunità, ovvero rinunciando al potere del parlamento di concedere oppure no l’autorizzazione a procedere in giudizio contro i singoli deputati e senatori, conservando soltanto il potere di negare o concedere l’autorizzazione all’arresto, all’intercettazione delle comunicazioni e alla perquisizione.

    Fino al 1993, i pm – che, ricordiamolo, non li ha messi lì il padreterno, hanno solo vinto un concorsino – potevano chiedere al parlamento l’autorizzazione a procedere, ma era il parlamento a decidere, dopo aver esaminato le prove e gli indizi forniti dai magistrati.

    Per molti cittadini, e molte maglieriste, era questo un privilegio che andava abolito: tutti devono essere uguali davanti alla legge. Alla legge, non davanti ai magistrati, che non sono la legge. Quei cittadini, e quelle maglieriste, dimenticavano, e lo dimenticano tuttora, che eliminare quello che non era un privilegio, ma una sorta di pre-processo davanti a una commissione parlamentare di solito infarcita di giuristi, significava regalarne un altro a una diversa categoria di cittadini, i magistrati, in grado soltanto con l’apertura di indagini, spesso ingiustificate, di togliere di mezzo leader politici innocenti e ai loro occhi scomodi.

    Insomma, oggi i giudici possono modificare la composizione del parlamento, possono influire sulle elezioni politiche, mentre i parlamentari non possono fare niente di simile nei confronti dei magistrati.

    Quando un potere – e quello dei magistrati è soltanto un ordine, non un potere – ha la capacità di influire su un altro potere, la democrazia va a farsi benedire. Ma vaglielo a spiegare alle maglieriste!

    Arrigo d’Armiento

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