Casapound, Gip: immobile trasformato in residenza abituale

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Roma – “Nel caso in esame risulta acclarato che l’occupazione dell’immobile da parte dei diversi nuclei familiari si protrae da numerosi anni, in alcuni casi sin dal 2003, e non risultano in atti evidenze di situazioni contingenti che possano integrare un attuale pericolo di un danno grave alla persona. La situazione economico patrimoniale degli occupanti l’immobile effettuata dalla Guardia di Finanza al contrario, attesta lo svolgimento di attivita’ lavorativa e la percezione di redditi da parte degli stessi. Trattasi quindi di stabile occupazione di un immobile, trasformato dagli indagati in abituale residenza. L’immobile risulta peraltro inserito, come gia’ detto, nel piano straordinario per l’emergenza abitativa del Lazio”. E’ quanto scrive il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Roma, Zsuzsa Mendola, nel decreto di sequestro preventivo del palazzo, sede di Casapound, di via Napoleone III numero 8, nel quartiere Esquilino di Roma.

Nel procedimento relativo all’immobile sono indagate 16 persone, che secondo gli inquirenti sono state di fatto domiciliate li’. Tra queste c’e’ il fondatore del movimento politico, Gianluca Iannone, e altri esponenti come Simone e Davide Di Stefano, insieme ad Alberto Palladino. L’ordinanza e’ stata notificata oggi dalla Digos di Roma. Il gip, nel concedere comunque il sequestro cosi’ come sollecitato dalla Procura, non ha riconosciuto in pieno l’impianto accusatorio. “Il pm al fine di ricostruire la condotta di partecipazione al reato associativo richiama numerose vicende verificatesi nel corso degli anni, in tutto il territorio nazionale, in cui si sono verificati momenti di tensione e scontri tra estremisti di opposte fazioni politiche, con condotte di per se’ biasimevoli, con figuranti delitti di rissa, rapina, lesioni, ingiurie, minacce, furto, violenza privata”.

Il riferimento e’ all’accusa prevista dal secondo comma dell’articolo 604 bis secondo cui l’associazione Casapound avrebbe tra i propri scopi – secondo l’impostazione dei pubblici ministeri – “l’incitamento alla discriminazione ed alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi”. In ogni caso, prosegue il Gip, “dalle informative relative alle suddette vicende acquisite in atti non emergono elementi probatori sufficienti a ricostruire compiutamente i singoli episodi, le modalita’ della condotta, le modalita’ di identificazione dei soggetti coinvolti e le modalita’ di attribuzione agli stessi della qualita’ di militanti di CasaPound, l’oggetto del contendere fra le diverse fazioni politiche. Elementi probatori in ordine alle singole vicende non possono certamente essere trattati dagli articoli di giornale acquisiti in atti”.

E quindi “non sussistono, in definitiva, elementi che consentono di ricostruire ad unita’ le diverse vicende giudiziarie ai fini della valutazione della sussistenza del delitto di partecipazione ad una associazione nonche’ di accertare se le condotte poste in essere, per quanto riprovevoli, siano espressive di ideologie o sentimenti razzisti o discriminatori, ovvero se sussista lo scopo dell’incitamento alla discriminazione nel senso anzi detto, per motivi fondati sulla qualita’ personale del soggetto e non invece, sui suoi comportamenti e sulla ritenuta assenza di condizioni di parita’”.

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