Cave di Tivoli e Guidonia, speculano contro ambiente e cittadini

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    Con assurde concessioni, le attività estrattive hanno creato una voragine larga quattrocento ettari e profonda trenta metri: per riempirla occorrerebbero 31 piramidi di Cheope –

    Gli avvenimenti del Ponte Morandi di Genova, pur nella loro gravità, per vittime e conseguenze, sembrano non riuscire ad insegnare nulla di buono agli imprenditori italiani.

    Ci riferiamo a quanti, dei tanti altri privati, anch’essi concessionari, in altri settori del nostro martoriato paese, continuano purtroppo, indefessi ed imperterriti, a fare business con il bene pubblico.

    Il bene pubblico di proprietà dei cittadini italiani, di cui vi argomentiamo ora, è il “territorio”, affidato dalla Stato (o  anche da privati, terreni sui quali gli Enti statali preposti rilasciano le prescritte autorizzazioni alla escavazione) in concessione ad imprenditori privati per l’estrazione e lo sfruttamento di cave di travertino, ambito settore divenuto da troppo tempo strumento di bassa speculazione affaristica, per di più senza alcun rispetto della legge ed alcun riguardo per gli abitanti delle zone limitrofe.

    Non abbiamo voluto per ora approfondire tale fenomeno oltre i confini  della regione Lazio, pur certi di trovarci di fronte ad una miriade di casi analoghi, soffermandoci al momento solo su quello, ritenuto da noi più eclatante, che interessa le Cave di Tivoli e Guidonia Montecelio, zone geografiche a due passi di distanza dalla Capitale.

    Le reiterate richieste di concessioni di terreni con cave estrattive, negli ultimi 60 anni, concessioni ottenute tutte, a quanto pare, con grande leggerezza e senza precisi vincoli contrattuali di rispetto paesaggistico ed ambientale, dalle poco avvedute amministrazioni comunali dell’epoca, da parte delle potenti lobbies dei Cavatori di travertino, ha determinato nel corso del tempo nella morfologia del territorio, compreso tra Villanova, Villalba e Guidonia, un radicale cambiamento “monstre”.

    Le attività estrattive senza sosta, infatti,  hanno creato una voragine larga quattrocento ettari e profonda trenta metri, equivalente a centoventimilioni di metri cubi, una smisurata fossa che per chiuderla sarebbero necessarie 31 piramidi di Cheope.

    Lodevolmente, in funzione dell’attuale disastro ambientale esistente, le due rispettive attuali amministrazioni comunali, in particolare quella del Comune di Guidonia, per il tramite dei loro dirigenti responsabili, preposti al rilascio delle proroghe di scavo (le concessioni iniziali sono state rilasciate dalla regione Lazio), hanno finalmente deciso di bloccare tali proroghe sino a quando non verrà fornito un funzionale piano di riempimento della voragine da parte dei tanti concessionari Cavatori, per lo meno per la parte di loro competenza.

    Le risposte attese dai due Comuni, da parte della potente lobby dei Cavatori, a quanto ci consta, non appaiono né veloci né esaltanti quanto  a fattibilità.

    Si pensi solo, secondo quanto ci è stato testualmente sottolineato, da parte delle due attuali Amministrazioni, che dovrebbero essere utilizzati, per riempire completamente il cratere formatosi, oltre 2.084 autotreni al giorno, carichi di materiale da scaricare all’interno dello stesso, cioè una media di 86 autoveicoli all’ora, tutti i giorni, per circa dieci anni consecutivi.

    Follia!

    E pensare che già Benedetto Croce, Ministro del Regio Stato Italiano, il 25 settembre 1920 auspicava una legge che ponesse “finalmente un argine alle ingiustificate devastazioni che si vanno consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo”.

    La Costituzione, a sua volta, all’articolo 9, su proposta di Concetto Marchesi, comunista, e di Aldo Moro, democristiano, sancisce in modo obbligatorio la massima tutela del paesaggio e del patrimonio storico artistico italiano.

    La tutela del territorio e il recupero del paesaggio in seguito ad attività estrattive, pertanto, dovrebbero essere al centro dell’interesse, tanto dei legislatori quanto degli amministratori.

    È del tutto evidente che un progetto di estrazione deve essere integrato con misure volte al recupero ambientale.

    Nel corso di questi ultimi anni le istituzioni, la regione, la provincia e il comune, i sindacati e i lavoratori, non si sono preoccupati del domani ma, in modo del tutto miope, hanno messo in secondo piano tale recupero ambientale.

    La lobby dei Cavatori, in particolar modo, ha nel tempo condizionato i dirigenti pubblici che dovevano vigilare sul processo estrattivo, trasformandoli da controllori a loro consulenti.

    È così che nel corso degli anni i dirigenti, invece di far applicare le leggi e controllare che fossero applicate, sotto pressione della lobby, hanno modificato o fatto modificare le leggi esistenti a tutela del territorio con emendamenti normativi e circolari, per rendere la legge o la sua interpretazione più favorevole al processo estrattivo e non a quello di riqualificazione del territorio.

    Conclusioni: tariffe di estrazione sempre più basse, scarsi controlli e continue proroghe all’attività estrattiva.

    Essenziale, infine, secondo quanto ci è stato espressamente sottolineato dai vertici amministrativi competenti a livello locale, sarebbe il fatto di non consentire alla potente lobby dei Cavatori, di servirsi di politici per far legiferare la possibiltà di riempimento della voragine con materiale di risulta, proveniente ad esempio dal ponte Morandi, dalla Tav o da edifici terremotati, facendo diventare di fatto la voragine una vera e propria “discarica”, con tutti i rischi di tipo ambientale e salutistico ad essa connessi.

    Essendo uno dei sindaci, dei due comuni competenti per tale voragine da colmare, targato M5S, ci desta ampia meraviglia che lo stesso, non si sia adeguato ed attivato con tempestività (in realtà si è mosso, ma in maniera molto timida anche se spinto dal dirigente competente a prendere soluzioni più drastiche!), seguendo quanto detto recentemente per il ponte di Genova dal suo leader del Movimento, Luigi Di Maio: “Chi rompe, paga”.

    Interventi sullo scottante caso da parte dello stesso Vice Ministro Di Maio e del garante Beppe Grillo non guasterebbero, prima che esploda, in tutte le sue sfaccettature oltremodo negative, lo scandalo di un ulteriore, datato tipo di assurde concessioni fornite, come al solito, a potenti imprenditori privati politicizzati, con l’assurda e compromettente complicità di una distratta (forse ad arte!) classe politica.

    (Nella foto, Beppe Grillo)

    Pier Francesco Corso

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