Cipe: condomini a rischio con tamponi in studi pediatrici

Roma – “Per noi pediatri e’ difficilissimo, se non impossibile con le attuali linee guida, individuare i positivi al Covid-19, a causa della grande difficolta’ di poter eseguire nei nostri studi tamponi in tempo reale.”

“Percepiamo l’esigenza di gestire la situazione attuale con la massima professionalita’, anche avendo sentito le indicazioni del viceministro alla Salute prof. Pierpaolo Sileri sulla assoluta necessita’ di creare nei pronti soccorso due percorsi distinti, cosa che nei nostri studi e’ del tutto aleatoria, salvo poche eccezioni, poiche’ inseriti in condomini privati.”

“Questo non significa non voler assumere le proprie responsabilita’, ma voler perseguire sempre il bene delle famiglie con competenza e parametri di sicurezza per tutti. Non ci tireremo indietro, risolveremo anche questi problemi.”

“La mia Asl poi, ad esempio, ha fornito circa 10 (dieci) mascherine chirurgiche a maggio ad ogni medico, quando la politica affermava che tutti i medici ne avrebbero avute a sufficienza. Di questo non avrei voluto parlare, ma e’ la realta’, anche perche’ dispositivi di protezione non si trovavano da nessuna parte e tantomeno per noi.”

“Attualmente, nella situazione difficile in cui ci troviamo, credo che sarebbe molto piu’ utile moltiplicare e rendere ancor piu’ capillare le postazioni drive-in all’aperto dove possa operare personale sanitario medico ed infermieristico preparato ad hoc in modo da ottenere diagnosi rapide e in totale sicurezza”. Inizia cosi’ la lettera aperta al mondo della Sanita’ di Maria Pia Graziani, medico responsabile del Comitato scientifico Cipe (Confederazione italiana pediatri) del Lazio.

“Noi pediatri siamo molto addolorati nel ricevere da piu’ parti critiche che, in tutta onesta’ non crediamo proprio di meritare, ne’ possiamo divenire il capro espiatorio di scelte non nostre e talora testarde nonostante le evidenze.”

“Qualcuno ci spieghera’ un giorno perche’ nessuno a livello politico, regionale o nazionale, ha mai ascoltato la nostra voce, le nostre obiezioni, le nostre proposte e richieste. Il Covid-19 nasce dal territorio che conosciamo bene, non vola sopra le teste coronate.”

“Io sono una pediatra, non so se con la p maiuscola o minuscola, ma so di appartenere, come tutti i pediatri del territorio, ospedalieri e universitari ad una ‘razza speciale’- continua- Come pediatri di famiglia abbiamo dovuto inventare un tipo di assistenza che non c’era in nessuna parte del mondo, e questo senza il sostegno di linee guida o altro, ma basandoci solo sulla nostra preparazione e sull’ascolto continuo delle necessita’ familiari.”

“Con il passare degli anni e’ stato necessario adeguare la nostra professione a realta’ sociali in continuo mutamento, basti pensare alle attuali moltiplicate modalita’ di comunicazione con le famiglie: cellulari, sms, messaggi sui social e sulle chat, le visite da remoto.”

“Siamo stati sempre i facilitatori per le famiglie, siamo gli unici al mondo ad eseguire i bilanci di salute che abbiamo creato noi, per prestare particolari attenzioni ai nostri pazienti e obbligare le famiglie a migliorare le cure nei confronti dei loro bimbi attraverso continui contatti. Siamo stati sempre i maggiori promotori delle vaccinazioni, contribuendo anche alla elaborazione del calendario per la vita”.

“In questi anni abbiamo dato un contributo importantissimo alla formazione, prima di noi appannaggio delle universita’ e degli ospedali. Insieme agli operatori della Pediatria, attraverso la formazione, siamo stati capaci di creare un ponte tra ospedale e territorio.”

“Abbiamo fatto della ‘cultura pediatrica’ un fatto fruibile per tutti e non solo per pochi eletti. Attraverso la formazione abbiamo potuto far sentire la voce delle famiglie di cui conosciamo disagi e difficolta’, facilitatori anche in questo senso.”

“Come dimenticare i nostri convegni sul lavoro minorile, sulle spose bambine, sul maltrattamento infantile e sui minori non accompagnati, quando ancora di questo ultimo argomento non parlava nessuno: noi a lungo ce ne siamo interessati e se, su questo tema, ci avessero ascoltato i politici di allora, forse si sarebbero potuto mettere in campo misure e risorse idonee.”

“Abbiamo anche portato alla luce argomenti spesso rimasti nei cassetti, come ad esempio la sindrome feto-alcolica. Sempre dalla parte delle famiglie. Con una nostra iniziativa recentemente abbiamo fornito cibo per 800 nuclei e offerto una borsa di studio.”

“Tutto completamente autofinanziato- prosegue- In questo periodo abbiamo ulteriormente modificato le nostre modalita’ lavorative infatti, oltre a svolgere l’usuale nostro lavoro (bilanci salute, visite programmate, controllo dei cronici), abbiamo facilitato le famiglie in percorsi spesso poco chiari e complessi.”

“Dare spiegazioni, consigli, tracciare i positivi, disporre quarantene ed isolamenti fiduciari, certificare o meno la possibilita’ dei nostri pazienti di rientrare in comunita’ in sicurezza, con oggettive difficolta’ di comunicazione con i vari dipartimenti pubblici, costituisce ormai la nostra attivita’ prevalente”, conclude Graziani.