Covid, “Riapriam! Riapriam! Il tempo ci dirà…”

Poiché gli equilibri della maggioranza sono in bilico, sembra che la cadrega del Ministro Speranza traballi, Draghi avrebbe preteso di definire un calendario di riaperture, scatenando le solite polemiche di bottega (se aprite gli stadi, allora anche i teatri, se aprite i ristoranti, allora anche i pub ecc.).
Forse vedono quel che sta facendo l’Inghilterra e ci sformano, forse temono lo scontro sociale (che finora si è concentrato sostanzialmente sui più penlizzati, HORECA e Partite IVA) peraltro con numeri tutto sommato ridotti.
Un fatto è certo: niente guida questa classe dirigente se non una navigazione a vista fondata sui sondaggi e sull’immagine.
In effetti, come era incomprensibile imporre vincoli ultrarigidi ammazzando economicamente interi settori produttivi dopo averli obbligati a costi extra per riduzione di pubblico ammesso, orari e sanificazioni varie, così è incomprensibile programmare riaperture teoriche (perché basate su ipotetici parametri sanitari che inseguono affannosamente il più imprevedibile dei micro organismi: un virus e la sua contagiosità).
Nessuno in questi mesi ha provato a razionalizzare la situazione ed a gestirla, contemperando limitazioni e mantenimento di un minimo vitale delle attività, soprattutto nessuno ha provato a trattare gli italiani come cittadini e non come bambini da mettere in castigo o liberare dalla punizione, secondo gli umori del momento.
Sono convinto, infatti, che molti dei danni subiti dall’economia si sarebbero potuti contenere applicando regole chiare invece che misure automatiche legate a dinamiche epidemiologiche incontrollabili perché valutate su indici calcolati in modo inaffidabile da ventidue soggetti locali, senza un sistema centralizzato di gestione dei dati.
La verità è che l’esperienza complessiva è stata un fallimento, una rincorsa a scrivere norme inutilmente complicate e incredibilmente stupide. Sarebbe stata certamente migliore una strategia predefinita di “stop and go” (due mesi aperti e un mese completamente chiusi) sostenuta da limitazioni nelle presenze in locali, cinema, teatri, musei e palestre.
Faccio sempre questo esempio: ho installato un condizionatore in salotto ed ho avuto tre tecnici in casa per due ore. Ho preso ogni precauzione (finestre aperte, mascherine, io in una stanza diversa e mai a contatto, ho lavato e pulito ogni superficie due volte e sono stato attento a non toccarmi gli occhi fino a che non ho finito di pulire tutto e dopo aver lavato le mani in modo accurato). Ma è una attività ammessa. Mi si spieghi ora perché invece mi viene vietato di mangiare una pizza in un locale da solo in un tavolo distanziato almeno due metri da altre persone cui dò le spalle.
Adesso, invece, dobbiamo riaprire, also spracht Draghi. Ma sempre con gli automatismi legati ai valori epidemici con la speranza, non tanto nascosta, che i caldi estivi limitino i contagi e che si tiri a campare fino a settembre mentre la scalcinatissima campagna vaccinale tricolore va avanti, fra volontari pensionati, vaccini che non arrivano e dubbi sulla sicurezza di quelli che ci sono.
CB