Draghi o Conte poco cambia, un’emergenza malgestita

L’agone politico italiano si sta rivelando, per Draghi, una trappola. La credibilità personale dell’uomo è intatta, ma l’illusione che la sola presenza dell’ex Presidente della BCE avrebbe avuto un tocco taumaturgico sulle bagatelle nazionali è presto svanita.

Gli obiettivi del mandato Draghi dovrebbero essere: portare a conclusione il piano vaccini (sperabilmente con un sistema rodato anche per i richiami dei prossimi anni), preservare l’economia dai danni da lockdown (per quanto possibile) e sterilizzare la conflittualità dei partiti lasciati alle loro fluidificazioni interne.

Forse solo il terzo punto può dirsi “in progress”: FdI si è posta come forza di opposizione, il PD ha cambiato segretario (e questo modifica gli assetti di tutti i partiti del cosìddetto centro sinistra) e Conte ha avviato la normalizzazione grillina. Soffrono Salvini, eroso a destra da Meloni, e Forza Italia – le cui sorti sono appese alla salute sempre più incerta del fondatore.

Invece, in tema di vaccini Draghi sta subendo gli effetti di esternalità che ha scoperto di non poter controllare (scarsità delle forniture e problemi con AstraZeneca) e, purtroppo, non ha impresso una scelta diversa dal precedente governo né sui criteri vaccinali, né sulle politiche di contenimento dell’epidemia.

Errori, è vero, ne sono stati fatti: dall’aver aperto le Regioni in Estate nel 2020 al sistema dei colori (complicato e bizantino, forse si sarebbe potuto optare per un sistema 2+1, due mesi di aperture con regole e un mese di lockdown ogni tre, dando così certezza sia a chi deve lavorare, sia a chi deve erogare i sostegni e la CIG) per finire alla gestione Arcuri sulla quale, un giorno, qualcuno saprà darci un giudizio fondato su fatti – e speriamo non sia un tribunale.

Ma certe situazioni con Draghi, dicevamo, non sono cambiate anche perché non è cambiato il ministro della salute e non è stato chiarito il ruolo del CTS, organo misterioso le cui competenze si collocano fra il mondo della politica ed il mondo della scienza. Insomma, sembra che manchi e continui a mancare una analisi a livello macro e micro degli impatti economici delle chiusure e che forse in un anno si sarebbe potuta sviluppare: ad esempio, se è dimostrato che i contagi all’aperto, in presenza di mascherine, sono altamente improbabili, perché vietare i mercati all’aperto, invece di dispiegare politiche di diradamento dei banchi e di rilocalizzazione di prossimità con il supporto dei Comuni? E per le palestre che hanno investito in sanificazioni e presidi perché non consentire una programmazione degli accessi, ampliando gli orari di apertura in modo da ottenere, nuovamente, un diradamento degli assembramenti? Certamente esistono situazioni (locali notturni, concerti, eventi di massa) improponibili, ma tutto il resto si poteva rimodulare. E’ da capire come sia possibile farsi installare un climatizzatore a casa con la presenza per una mattinata di due tecnici (situazione tecnicamente rischiosa) mentre è vietato comprare una maglietta in un mercato all’aperto con distanziamento. Gli esempi sono infiniti. Sembra però che sia mancata completamente la capacità anche del governo Draghi di affrontare queste tematiche e le manifestazioni di questi giorni riflettono la percezione di stagnazione che è seguita ai fasti del rituale istituzionale (giuramenti, riviste militare ecc.) ed all’ingresso al governo del principale partito di opposizione. Aspettative deluse quindi.

Ma la stagnazione è la principale linea di continuità col precedente esecutivo anche in tema di potenziamento del SSN. Non è stato infatti affrontato il problema di fondo ossia la necessità di creare una sanità duale, quella emergenziale per il Covid e la sanità per tutti gli altri (i cronici, gli oncologici, i cardiopatici e coloro che, affetti da patologie non mortali, ma comunque invalidanti rischiano di perdere quote di autosufficienza non più recuperabili) che andavano tenute rigorosamente separate. A distanza di un anno e più la risposta ai picchi epidemici del sistema rimane il riutilizzo di sale operatorie come postazioni di terapia intensiva. Male anche la medicina di prossimità sulla quale non è stato fatto niente: poco o niente sulle famose USCAR (i team di medici ed infermieri per la terapia domiciliare dei casi di covid non da ospedalizzare), poco o niente sul fronte dei medici di medicina generale (dotarli di ecografi e di DPI, ad esempio, e prevedere degli infermieri professionali a supporto degli studi medici). Il numero dei morti da covid è in parte conseguenza della cattiveria dell’infezione, ma anche di un collasso degli ospedali che, sebbene non dichiarato, di fatto sussiste.

Non si capisce infine se nel Piano per il recovery fund scritto da Draghi e sodali vi sia un’attenzione maggiore per la sanità di quanta non ve ne fosse nel documento versione Conte. Il piano, comunque, dovrà essere finalizzato nelle prossime due settimane e presentato a Bruxelles entro il 30 aprile.

Infine, i famosi “ristori” che non hanno funzionato e continuano a non funzionare: i denari che arrivano alle categorie destinatarie sono pochi, individualmente, sono in ritardo, ma lo sport preferito delle Camere negli ultimi tredici mesi è stato di votare uno scostamento di bilancio dietro l’altro.

Insomma, Conte e Draghi che sia, abbiamo gestito in modo raffazzonato e superficiale una crisi sanitaria che è già crisi sociale e del tessuto economico e produttivo, senza implementare la sanità (che è rimasta quella di prima gravata da tutti gli interventi e le visite non covid rimandati a milioni), abbiamo aggiunto morti (da covid) a morti (da altre patologie non curate) e non se ne vede la fine perché sui vaccini ci sono più dubbi che certezze e c’è il rischio concreto che chi, fra i primi, è stato immunizzato dovrà ripetere la somministrazione prima ancora che tutti gli altri abbiano ricevuto la loro prima dose.

E’ facile prevedere che il disagio, la confusione ed il virus sono destinati a farci compagnia ancora per mesi e mesi.