Garante Lazio: per detenuti ipotesi arresti domiciliari

Roma – Dovrebbero essere circa 350 i detenuti del Lazio ad uscire dalle carceri per scontare il resto della pena agli arresti domiciliari, usufruendo di quanto disposto dall’articolo 123 del decreto del Governo cosiddetto ‘Cura Italia’. La norma offre questa possibilita’ a tutti coloro che, fino al prossimo 30 giugno, avranno maturato una pena residua da scontare non superiore a 18 mesi.

Tuttavia questa chance, scaturita dalla necessita’ di abbassare la pressione delle presenze negli istituti penitenziari alla luce dell’emergenza Coronavirus, sara’ preclusa a diverse categorie di detenuti: coloro che hanno commesso reati gravi, i “delinquenti abituali, professionali o per tendenza”, i “detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare”, quelli che “nell’ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari”, quelli “nei cui confronti sia redatto un rapporto disciplinare” perche’ “coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020”, e infine i “detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato”. Lo ha spiegato all’agenzia Dire il garante dei detenuti della Regione Lazio, Stefano Anastasia.

Nella regione “abbiamo una stima secondo cui attualmente i detenuti con meno di 18 mesi di pena residua sono 1.400- ha evidenziato- Se togliamo da questa quota tutti coloro che hanno commesso reati gravi o che vengono considerati delinquenti abituali, di professione o per tendenza, almeno un quarto non potra’ andare agli arresti domiciliari”.

Piu’ in generale “considerato che la stima a livello nazionale prevede in 3.000 unita’ circa le persone che avranno diritto ad accedere a questa misura, e’ ragionevole dire che nel Lazio saranno circa 350 ad andare agli arresti domiciliari. Sperando che questo numero possa alzarsi fino a 500, considerato che potranno fare richiesta anche coloro che matureranno i 18 mesi di pena residua entro il 30 giugno”. Due, in particolare, sono gli ostacoli per il rientro a casa dei detenuti: la mancanza di una abitazione o di una soluzione ritenuta idonea e la previsione, disposta dalla norma, dell’uso del braccialetto elettronico.

Sul primo tema “devo dare atto dell’impegno dell’amministrazione penitenziaria insieme al Tribunale di Sorveglianza- ha proseguito Anastasia- Decine di squadre della Polizia Penitenziaria ogni giorno stanno facendo accertamenti per verificare l’idoneita’ dei domicili ma ci sono tanti detenuti che non hanno una famiglia”. Quanto invece al braccialetto elettronico, “una sentenza delle sezioni unite della Cassazione del 28 aprile 2016 ha affidato al giudice la possibilita’ di stabilire se la misura degli arresti domiciliari e’ applicabile anche in assenza del braccialetto. Non si puo’ subordinare la scelta della detenzione domiciliare alla disponibilita’ del braccialetto, a maggior ragione in questa fase di emergenza sanitaria nazionale”. Non a caso la norma del governo tiene conto “anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorita’ competenti”.