Giudice Riesame: De Vito ha agito barattando suo ruolo

Roma – Marcello De Vito ha agito “barattando il suo ruolo, operando in maniera tale da funzionalizzare i propri poteri agli interessi dei privati, mostrando una elevata capacita’ di incidere ed indirizzare gli atti espressione di uffici formalmente diversi dal proprio. Tale situazione e’ senz’altro piu’ evidente in relazione al capo 1 rispetto al quale la mercificazione della funzione e la arrogante dismissione del l’imparzialita’ a favore del gruppo Parnasi si coglie in pieno dalle dichiarazioni della Iorio e della Agnello”. Lo scrivono i giudici del Tribunale del Riesame nelle movitazioni con le quali ha confermato il carcere (dove si trova dal 20 marzo scorso) per il presidente (attualmente sospeso) del Consiglio comunale di Roma, per l’avvocato Camillo Mezzacapo, e i domiciliari per l’architetto Fortunato Pititto e il commerciante di auto Gianluca Bardelli, misure cautelari disposte dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta collegata a quella sul nuovo stadio della Roma.

“Nel caso di specie- si legge- risulta evidente che il De Vito ha attivato ed agito proprio sulla scorta dei propri poteri e della propria funzione istituzionale intervenendo direttamente sugli assessori ed i relativi funzionari amministrativi”.

Rispetto all’iter complessivo dei progetti urbanistici ed edili di interesse degli imprenditori, secondo i giudici “De Vito e’ risultato avere rinunciato a priori al generale interesse pubblico di cui e’ portatore”. Il Collegio ritiene che “i rapporti tra il soggetto pubblico da un lato, schermati dalle prestazioni professionali a Mezzacapo e i privati dall’altro, costituiti dai gruppi imprenditoriali Parnasi Toti e Statuto debbano essere ricondotti nell’ambito della piu’ grave figura della corruzione propria, non potendo integrarsi ne’ la pur grave fattispecie di corruzione impropria ne’ del traffico di influenze illecite apparendo chiaro la natura paritaria del rapporto esistente fra il privato e il pubblico ufficiale”.

STADIO ROMA. GIUDICI RIESAME: DE VITO NO TAGLIANASTRI MA ‘AMICO POTENTE’

Marcello De Vito “non e’ un ‘taglianastri’, come definito da Camillo Mezzacapo in sede di interrogatorio, ma e’ ‘l’amico potente’ del quale egli e’ fidato longa manus, rappresentando il Mezzacapo il raccordo materiale, collettore di tangenti, delle volonta’ corruttive dei privati e del politico amico di lunga data”. Lo scrivono i giudici del tribunale del Riesame di Roma nelle motivazioni con cui hanno confermato il carcere per il presidente (attualmente sospeso) dell’Assemblea capitolina arrestato il 20 marzo scorso per l’accusa di corruzione.

Per “De Vito- scrivono ancora i giudici- deve sottolinearsene la capacita’ dimostrata di divenire affidabile interlocutore privilegiato in un breve lasso di tempo – dal 2017 ai primi mesi del 2019 – di grandi gruppi imprenditoriali interessanti ad importanti opere urbanistiche nella Capitale”. E ancora “sono gli incarichi professionali conferiti a Mezzacapo a costituire le utilita’ illecite conseguite da De Vito- continuano i giudici- Insomma, le somme di denaro corrisposte a titolo di compenso costituiscono le tangenti finalizzate a retribuire De Vito dell’abusante esercizio del proprio ruolo di presidente del Consiglio comunale di Roma, trattandosi di remunerazioni che non solo non risultano in linea con quelle ordinariamente percepite da Mezzacapo ma che risultano corrisposte per incarichi dal tenore formale perche’ privi di reali prestazioni professionali”.