Governo gialloverde, i Conti non tornano

Ciò che stupisce del popolo italiano è la sua capacità (ed irresistibile tendenza a) di tirar fuori dal cassetto lo scialle da Comare e darsi alla spigolata selvaggia: è partito l’ordine di fare la radiografia al curriculum di questo professore universitario ed avvocato a tutti i grandi giornali – e non c’è nulla di strano, essendo il nostro sconosciuto alle masse, almeno sino all’uscita dei grilloleghisti dell’altra sera. Per sfortuna di Di Maio e di Salvini (che tanto mi ricordano Totò e Nino Taranto nella scena della fontana di Trevi) parrebbe che il famoso curriculum di 18 pagine sia un po’ come quei sufflè troppo lievitati che poi, alla prima forchettata, si sgonfiano, perdendo ogni attrattiva per la gola. Ma Giggino e Matteuccio non hanno la statura del Principe de Curtis, nè il talento canoro di Taranto: hanno invece un grosso problema, quello di varare un governo che è già una maionese impazzita con un programma macedonia che sembra una zuppa immangiabile e raggrumata nella quale galleggiano pezzi di programma di destra estrema e vampate ribelliste di retrogusto extraparlamentare. Facciamo convivere Salvini (Interni) e Castelli (Attività Produttive) nello stesso governo, offrendo a Giggino Di Maio una specie di superministero della nullafacenza e dell’assistenzialismo. La logica via di fuga è che serve, urge, necessita un distinto signor-dottor-professor-chi-lo-ha-mai-sentito come foglia di fico per la convivenza impossibile. No Matteo e Giggi non sono Totò e la sua spalla, sembrano piuttosto i passeggeri della zattera della Medusa, sulla quale stanno per trascinare tutto il Paese – inclusi coloro che non li hanno votati – basandosi su una impossibilità pratica: che, con gli slogan di propaganda, si possa poi fare un programma politico di legislatura. Cominciamo malissimo pensa Mattarella e fa bene: Conte non regge ed è giusto che il presidente del consiglio sia un politico di primo piano, meglio se il principale protagonista, di uno dei due partiti che intendono varare una maggioranza politica nelle Camere. Ho il sospetto che nessuno dei due compagnucci di merende abbia tutta questa gran voglia di scontrarsi con la cruda realtà del governo del Paese. Fare spot elettorali e propaganda è molto più redditizio in termini elettorali, governare è un mestiere infame,  ingrato (in genere perdi voti a fiotti) e facile agli insuccessi o al pantano decisionale. Fra dichiarare in diretta facebook e realizzare, applicandolo, un complesso intervento normativo con rilevanti impegni di spesa ci corre un oceano: di merda.

CB