Il pelo sullo stomaco del PD

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Mi turba molto, quando la politica nazionale sfila a un funerale a dieci giorni da un appuntamento (doppio) nelle urne.

Mi insospettisce davvero tanto quando si grida alla connotazione “fasciorazzista” per dei criminali comuni i cui riferimenti sociologici sono piuttosto lontani da certi schemi ideologici e sono molto più vicini a quelli di noti clan criminali romani di origine sinti (il denaro ostentato, il potere, le frasi fatte, muscoli e tatuaggi in vista, macchine, vacanze ecc.) o di certa camorra tanto ben rappresentata nelle fiction.

Mi fa prudere la schiena leggere i commenti di trainer di varie specialità marziali su come no, loro non insegnano la violenza (però i soldi di personaggi evidentemente problematici li hanno presi senza problemi).

La verità è che soggetti di questo genere – ovunque diffusi – girano come mine innescate e sono socialmente pericolosi, lo sono in re ipsa.

Ci sarà una verità processuale (che oggi, credo, interessi solo alla famiglia della vittima) con sentenze e condanne e, speriamo, una pena che possa sottrarsi a sconti e scappatoie.

Oggi però c’è un clamore assordante e l’idea che sotto quel clamore si celi tutt’altro che la pietà per la vittima innocente di un crimine brutale.

La curva settembrina per la maggioranza è un brutto tornante senza guard rail: la prova della scuola, il rischio epidemico, la crisi sociale in agguato, il debito pubblico che schizza in alto, il rischio di perdere regioni tradizionalmente “loro” e l’incredibile piroetta del PD – sempre pronto a queste esibizioni – sul referendum costituzionale sono tante buche disseminate sulla strada del governo.

La memoria è breve, ma vale la pena ricordare che l’agibilità politica di questo strano condominio che è l’attuale maggioranza è veramente ridotta e che la vita politica dei cinque stelle si misura sulla durata della legislatura, prima della inevitabile implosione finale con il solito patetico fuggi fuggi da questo o quel dante causa politico in cerca di un seggio sicuro.

Ditemi che cosa c’è della tradizione politica socialdemocratica in un partito che per mantenersi al potere è pronto a sostenere una riforma costituzionale contro la propria base elettorale, una riforma costituzionale che è una coltellata alla schiena nei confronti di tutto ciò per il quale i movimenti dei lavoratori e i sinceri socialisti democratici hanno combattuto dalla metà dell’ottocento ad oggi: la rappresentanza politica.

Ma forse sono io che vivo nel passato: d’altronde cosa attendersi da chi ha liquidato un sindaco scomodo portando i consiglieri di maggioranza dal notaio o ha mandato a farsi crocifiggere l’ottimo Fabrizio Barca, salvo sconfessarne il lavoro per ripensare un nuovo modello di partito in locale, tumulando tutto sotto la barba di Matteo Orfini.

Questi non vogliono essere votati, però vogliono stare al potere.

Non vogliono rappresentare nessuno se non sé stessi, però vogliono stare al potere.

Ditemi che scherzo è chiamare un partito così “democratico”.

CB

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