Isabella Adinolfi: Sulla Siae va evitata la procedura d’infrazione Ue

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    Isabella Adinolfi: Sulla Siae va evitata la procedura d’infrazione Ue – Intervista esclusiva alla parlamentare europea di M5S –

    Alte le lamentele sull’immemore e anacronistico monopolio SIAE. Inoltrate da tempo da autori, editori, politici, Movimento 5 Stelle tra i primi (disegno di legge n. 4031 del 12 settembre 2016, primo firmatario Battelli, e interrogazione della parlamentare europea M5S Isabella Adinolfi).

    In funzione di ciò, grazie all’intervento dell’Unione Europea, tutti gli Stati membri, Italia compresa, sono stati sollecitati a recepire nella loro legislazione nazionale la direttiva n. 26, nota come direttiva Barnier, dell’allora commissario per il Mercato interno e i Servizi.

    La direttiva attiene alla uniforme regolamentazione della gestione collettiva dei diritti d’autore ed al conseguente recepimento, da parte delle leggi nazionali di tutti gli Stati dell’Unione Europea, di consentire, ai titolari dei diritti, “di poter scegliere liberamente l’organismo di gestione collettiva (quindi, non necessariamente la SIAE), cui affidare la tutela e la gestione dei propri diritti”.

    ISABELLA ADINOLFI

    ISABELLA ADINOLFI

    In Italia, il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini del PD, al momento del recepimento della direttiva, nel marzo 2017, prima si dice a parole favorevole alla liberalizzazione, consentendo l’ingresso ad altri soggetti in concorrenza con la SIAE, ma in seguito, poi, al momento della ratifica della delibera, nell’apposito decreto legislativo del governo, cambia idea e decide di  contravvenire alle richieste europee, consentendo la prosecuzione (grazie al vincolo di una legge del 1941 sulla SIAE, non abrogata nell’ultimissimo decreto legislativo) del monopolio, da parte della SIAE.

    Il governo italiano riceve, pertanto, per l’inosservanza della delibera, una lettera di contestazione, da parte della Commissione europea, dovuta al mancato recepimento, nel decreto legislativo del governo, di quanto richiesto con tale delibera.

    Franceschini considera superata la lettera ricevuta dalla Commissione europea, grazie anche agli ultimi aggiustamenti apportati al testo del decreto legislativo dal governo.

    Quindi, non  rende noto il testo della lettera, né fa dare risposta.

    La stessa Commissione europea, a sua volta, si rifiuta di rendere noto ai politici italiani richiedenti (M5S, on. Isabella Adinolfi) il testo della missiva ufficiale inviata, dichiarandola riservata a causa dell’indagine in corso.

    Questo l’antefatto.

    Per saperne di più ed essere aggiornati sulla vicenda che, se non risolta correttamente, rischia di gravare pesantemente sui contribuenti italiani, in caso di procedura d’infrazione, ci siamo rivolti alla parlamentare europea on. Isabella Adinolfi, intervistandola.

    On. Adinolfi è riuscita a conoscere il tenore della lettera di contestazione inviata al Governo italiano dalla Commissione europea sulla questione del mancato recepimento nella normativa nazionale della direttiva Barnier?

    «No, la Commissione mi ha negato l’accesso a quella lettera dietro la motivazione dell’esistenza di indagini in corso circa il recepimento della direttiva 2014/26/UE (c.d. direttiva Barnier). Di fatto, il contenuto della missiva partita da Bruxelles è secretato. Mi chiedo il perché, visto che il Ministero dei Beni Culturali ha dichiarato che per loro la questione si era chiusa con l’approvazione in via definitiva del decreto legislativo (Decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35).  A questo punto non posso che pensare che alcuni dei rilievi contenuti in quella lettera, riguardante la bozza di decreto, non sono stati tenuti in considerazione nell’approvazione definitiva. Quindi il decreto rischia di essere viziato. Forse si sarebbe potuto operare diversamente, quantomeno rendere pubblici i rilievi mossi dalla Commissione europea e cercare una soluzione soddisfacente per tutti».

    Non è piuttosto frustrante per un parlamentare, nei confronti dei propri elettori e nell’espletamento del proprio mandato, incontrare questo muro di silenzio quasi omertoso da politici nostrani ed Istituzioni europee?

    «Purtroppo sì, ma non mi scoraggio né mi abbatto: questi atteggiamenti non mi spaventano, anzi mi danno l’energia di proseguire nella mia attività perché vuol dire che stiamo operando bene. Non è neanche la prima volta che accadono episodi del genere. Addirittura la Commissione inizialmente non aveva risposto: ci aveva chiesto di poter prorogare il termine per fornire la lettera, ma una volta scaduto non ci aveva fornito nulla e per di più senza dare alcuna spiegazione. Solo dopo una mia altra missiva ho ricevuto la risposta formale, che poi ho deciso di pubblicare per trasparenza. Come vede, ci vuole molto di più per farmi demordere».

    Ritiene che sussista ancora il rischio di una procedura d’infrazione contro l’Italia per la liberalizzazione lasciata a metà, non consentendo ancora l’ingresso in Italia a nuovi gestori sostitutivi della SIAE?

    «Per poterle rispondere in maniera certa, dovrei conoscere il contenuto della lettera e quindi il tenore dei rilievi. Proprio per questi motivi, ho chiesto pubblicamente al Ministro Franceschini di agire in tal senso, ma anche da quel fronte, per il momento, non è arrivata nessuna risposta. Ipoteticamente comunque potrebbe esserci il rischio di una procedura di infrazione e potenziale condanna dell’Italia. Ed è esattamente per evitare che questo possa accadere che mi sono attivata. Il mio impegno inoltre continuerà in questo senso».

    In cosa, in particolare, potrebbe concretizzarsi la sanzione nei confronti dell’Italia, se venisse confermata la procedura d’infrazione ventilata?

    «Per arrivare all’apertura di una procedura d’infrazione vera e propria, e quindi alla possibile inflizione di una sanzione, ci sono diversi passaggi intermedi ed il percorso è lungo. Ad ogni modo, la possibile sanzione potrebbe essere costituita da una sanzione di tipo pecuniario. In altre parole si potrebbe trattare di una multa che pagherebbero tutti i cittadini! Cosa che è da evitare assolutamente».

    Quali ritiene sinceramente siano i veri motivi politici di fondo perseguiti con il tentativo di conservare ancora il monopolio alla SIAE?

    «La concorrenza fa paura perché di fatto scardina un sistema molto radicato che per più di 70 anni ha operato senza doversi preoccupare di nessun concorrente. Il cambiamento fa paura perché per certi versi rappresenta un salto nel buio e quindi pochi sono disposti a mettersi in gioco. Io non conosco i veri motivi che hanno portato il Ministro Franceschini a cambiare idea e spendersi in una così strenua difesa del monopolio. So per certo che al giorno d’oggi e alla luce dei cambiamenti tecnologici il monopolio ha ben poca ragion d’essere, è ormai diventato anacronistico. Per esempio, si potrebbe dubitare che serva ancora per difendere i piccoli artisti».

    Perché invece di ostacolare l’auspicata liberalizzazione, con una concorrenziale pluralità di enti gestori in ogni Stato membro, non si pensa anche ad una omogeneizzazione delle normative e ad un allineamento dei proventi, in ambito europeo, nelle tutele e nelle gestioni dei diversi tipi di diritti d’autore?

    «La questione dei diritti d’autore e delle forme meglio adeguate alla loro gestione è assai complessa. Un profilo è rappresentato dal mercato delle società di gestione collettiva dei diritti, aspetto che la direttiva Barnier ha disciplinato cercando di aprire il mercato. Un altro profilo è rappresentato dalla disciplina del diritto d’autore vero e proprio: in questi mesi stiamo lavorando su una nuova direttiva (Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale) dove verranno fissate le regole del futuro, specie su Internet. A questo proposito abbiamo presentato diversi emendamenti che rappresentano la visione del MoVimento 5 Stelle. Ma per affrontare nel dettaglio questo tema servirebbe un libro. Invito tutti a seguire il mio blog dove cerco di pubblicare tutto in maniera trasparente».

    Pier Francesco Corso

     

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