Dopo le elezioni europee, quali prospettive per l’Italia?

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Il sentimento che pervade l’osservatore delle cose politiche italiane è, oggi, davvero di scoramento: le ultime tarantelle dei dilettanti al governo rasentano la pochade, se non ci fosse di mezzo l’amarissima sorte del Paese nei prossimi mesi (non anni, mesi). Incombono sull’Italietta a trazione salviniana alcune pesantissime ipoteche: il 31 ottobre scade il mandato di Draghi alla BCE e, a conti fatti, il nuovo Governatore che, quasi certamente non sarà un francese, ma un esponente dei paesi “core” della zona Euro e, quindi, un rigorista convinto, adotterà una linea di completa ortodossia rispetto al mandato originario dell’Eurosistema (la stabilità dei prezzi, punto). Finiranno così le operazioni di “quantitative easing” ossia i programmi di massicci acquisti delle emissioni del debito pubblico dei paesi dell’Eurosistema.

In parole povere, quel che oggi viene comprato dalla BCE domani verrà offerto al mercato degli investitori, principalmente investitori “istituzionali” ossia banche e società che gestisco fondi di investimento, fondi sovrani e in misura minore piccoli risparmiatori. Mentre la BCE interveniva per ragioni pubbliche – anche forzando il proprio mandato – gli investitori guarderanno ovviamente alla mera convenienza dell’investimento che, nel caso del debito pubblico, è remunerato dal tasso di interesse delle cedole periodiche, tasso che viene denominato all’emissione sul mercato primario (gli acquisti di nuovi titoli). Come è noto, però, i tassi di interesse devono risultare “appetibili” agli investitori, per non mandare deserte le aste. Qui entra il gioco il mercato secondario (ossia gli scambi fra privati aventi ad oggetto titoli già emessi e rivenduti da un privato all’altro) che fa, materialmente, anche il prezzo del titolo pubblico in prima emissione: la circostanza più probabile per i grandi investitori è movimentare quote di debito pubblico fra di loro sul mercato secondario e questo determina una variabilità del prezzo dei titoli. Se il prezzo scende questo influenzerà le nuove emissioni dalle quali viene scontato il differenziale negativo fra interesse nominale ed interesse effettivo sul mercato secondario (in ipotesi più alto dell’interesse nominale per quella categoria di titolo). In pratica, in caso di andamento negativo dei tassi di interesse sul mercato secondario, lo Stato dovrà emettere nuovo debito incassando meno del valore nominale: questo perché l’investitore potrebbe reperire titoli della stessa tipologia (BTP, CTZ ecc.) sul mercato secondario a prezzi più bassi delle nuove emissioni. Si comprende bene l’effetto “stabilizzatore” dei prezzi di una forte domanda pubblica di titoli di stato e si comprende altrettanto bene cosa accadrà quando questa domanda verrà meno: una forte riduzione del valore dei titoli in emissione per eccesso di offerta.

La seconda forca caudina è data dalle clausole automatiche di aumento dell’IVA. Qui possiamo dare alcune cifre: i tre anni di quota 100 potrebbero costare, a regime, circa 11 miliardi di euro l’anno (un costo complessivo per la misura fra i 30 ed i 35 miliardi di euro sul triennio). Il costo effettivo del reddito di cittadinanza si va assestando sui 6 miliardi l’anno (anche se va detto che il miliardo risparmiato non verrà imputato alla diminuzione del deficit, ma speso in altro modo anche se, al momento, non è chiaro come). Sui tre anni si parla comunque di un costo complessivo di 18-19 miliardi. La somma dei due interventi costerà quindi 16-17 miliardi all’anno per i primi tre anni (dopo i quali “quota 100” dovrebbe cessare, trattandosi di misura temporanea e contingente). Il primo gennaio 2020, salvo diversa copertura nella prossima legge di bilancio, le aliquote IVA saliranno al 25,2% (ordinaria) ed al 13% (ridotta). Un ulteriore aumento automatico è previsto nel 2021. Il primo aumento vale circa 23 miliardi e la sua funzione è quella di impedire lo sforamento del parametro dato dal rapporto deficit/PIL (massimale del 3%) nato con gli accordi di Maastricht e poi via via mantenuto nei vari trattati successivi. La speranza espansiva del governo che confidava in aumento del denominatore, il PIL, per effetto delle risorse immesse nel Paese con quota 100 e con il reddito di cittadinanza sembra essere vana. Il PIL non aumenterà, mentre aumenta il deficit al numeratore. In pratica l’aumento automatico dell’IVA potrebbe non bastare (al netto di un prevedibile aumento del nero fiscale cioè dell’evasione IVA).

L’Italia, insomma, si troverà in una trappola data dalla necessità di finanziare con il debito di nuova emissione una maggior quota di spesa pubblica, mentre con l’IVA si infliggerà una stretta notevole alla domanda interna, comprimendo ulteriormente il PIL. Il debito di nuova emissione quasi certamente dovrà essere emesso ad un valore nominale ridotto in maniera notevole perché ci sarà eccesso di offerta sul mercato, venendo meno l’apporto della BCE. E tutto questo al netto di ulteriori manovre restrittive di finanza pubblica che, chiunque governerà l’Italia a ottobre, sarà necessario definire ed applicare.

Il risultato di questo mix di fattori è imprevedibile ed anche la posizione di Salvini non sarà facile: se alle Europee la Lega sfonda, superando il 25%, Salvini sarà tentato di far saltare il banco del governo. A questo punto difficilmente si andrà a votare, ma chi sosterrebbe una nuova maggioranza per un governo politico? L’alternativa è un governo “tecnico” (che ovviamente è sempre un governo politico, ma di natura istituzionale e su mandato del Presidente della Repubblica) al quale toccherebbe l’ingrato compito di mettere pesantemente le mani nelle tasche degli italiani, portando al massacro elettorale, un domani, quelle formazioni politiche che ne votassero fiducia e provvedimenti successivi. A questo punto Salvini tornerebbe sulla scena dopo aver scassato i conti, essersi eclissato al momento delle politiche “lacrime e sangue”, ripresentandosi nella primavera 2020 come il campione anti UE ed anti-euro per proporre un processo analogo alla Brexit, aprendo a scenari molto pericolosi per la coesione del Paese. Insomma, la Lega potrà solo tentare la via dell’avventurismo politico di matrice neo autarchica.

C’è da essere molto, molto preoccupati.

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