Licenziati tramite Whatsapp: non ci danno il documento che attesta il licenziamento

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Roma – 52 dipendenti di un supermercato affiliato Carrefour a Crotone sono stati licenziati tramite un messaggio su Whatsapp. Da agosto non ricevono né lo stipendio, né possono accedere alla cassa integrazione. Tonino Parisi, dipendente del supermercato, è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Tv Italia, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

“E’ una situazione ormai anche imbarazzante –ha affermato Parisi-. E’ dal 16 ottobre che siamo stati licenziati con un whatsapp. Non abbiamo materialmente niente di ufficiale in mano che attesti il licenziamento.  Il 12 dicembre dovevamo avere un incontro al ministero del lavoro della Regione Calabria, a cui si doveva presentare il proprietario per arrivare ad una conclusione.”

“Alla fine non si è presentato a questo incontro. Abbiamo ricevuto la visita e l’appoggio morale di tanti politici che hanno fatto la solita passerella. L’unico che ci ha dato un po’ di pace morale è stato l’onorevole Barbuto del M5S che ci ha permesso di andare al Mise a Roma dove si dovevano prendere delle decisioni importanti, solo che poi alla fine le riunioni sono state sempre rimandate. Il proprietario del supermercato non si è mai presentato, così come i rappresentanti di Carrefour Italia.”

“Non si sa il perché abbiano deciso di non partecipare. Noi speravamo che Carrefour nazionale ci tenesse a risolvere la questione dato che questo supermercato a loro affiliato li ha rovinato la reputazione licenziando 52 dipendenti via whatsapp. Alla fine però non se n’è fatto nulla. Ci siamo rimasti veramente molto male. I miei colleghi che hanno acceso mutui, finanziarie, sono andati in banca e la banca gli ha detto che c’è bisogno di un documento che attesti il licenziamento.”

“Noi questo documento però non l’abbiamo e quindi ci troviamo in una situazione imbarazzante, anche perché i parenti e gli amici ti possono aiutare per un po’, non per sempre. Per noi è un vero e proprio dramma. Il proprietario ci ha detto che siamo in ferie forzate. Abbiamo fatto una protesta civile, ma dopo tutti questi mesi ci viene da pensare che se avessimo fatto qualcosa di più eclatante forse ci avrebbero preso in considerazione”.

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