Papa Francesco: in periferia troppa miseria, Roma sia approdo salvezza

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Roma – “La proclamazione di Roma Capitale fu un evento provvidenziale, che allora suscito’ polemiche e problemi. Ma cambio’ Roma, l’Italia e la stessa Chiesa: iniziava una nuova storia. In 150 anni, Roma e’ tanto cresciuta e cambiata: ‘Da ambiente umano omogeneo a comunita’ multietnica, nella quale convivono, accanto a quella cattolica visioni della vita ispirate a altri credo religiosi ed anche a concezioni non religiose dell’esistenza’ (S. Giovanni Paolo II, Discorso in Campidoglio, 15 gennaio 1998: Insegnamenti XXI,1 [1998], 115). La Chiesa, in questa vicenda, ha condiviso le gioie e i dolori dei romani”.

È il messaggio inviato da Papa Francesco in occasione dell’apertura delle celebrazioni per i 150 anni di Roma Capitale, letto dal segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, dal palco del Teatro dell’Opera di Roma durante l’evento inaugurale. Il Pontefice, in apertura, ha citato il cardinale Montini, che alla vigilia del Concilio Vaticano II “ricordando l’evento di Roma Capitale ebbe a dire: ‘Parve un crollo; e per il dominio territoriale pontificio lo fu. Ma la Provvidenza, ora lo vediamo bene, aveva diversamente disposto le cose, quasi drammaticamente giocando negli avvenimenti'”.

“Vorrei, quasi in modo esemplificativo, ricordare almeno tre momenti di questa ricca storia comune- ha proseguito papa Francesco- Il pensiero va ai nove mesi dell’occupazione nazista della citta’, segnati da tanti dolori, tra il 1943 e il 1944. Dal 16 ottobre 1943, si sviluppo’ la terribile caccia per deportare gli ebrei. Fu la Shoah vissuta a Roma. Allora, la Chiesa, fu uno spazio di asilo per i perseguitati: caddero antiche barriere e dolorose distanze. Da quei tempi difficili, traiamo prima di tutto la lezione dell’imperitura fraternita’ tra Chiesa cattolica e Comunita’ ebraica, da me ribadita nella visita al Tempio Maggiore di Roma. Inoltre siamo anche convinti, con umilta’, che la Chiesa rappresenti una risorsa di umanita’ nella citta’. E i cattolici sono chiamati a vivere con passione e responsabilita’ la vita di Roma, specie i suoi aspetti piu’ dolorosi”.

E ancora “vorrei ricordare, in secondo luogo, gli anni del Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, quando la citta’ accolse Padri conciliari, Osservatori ecumenici e tanti altri. Roma brillo’ come spazio universale, cattolico, ecumenico. Divenne citta’ universale di dialogo ecumenico e interreligioso, di pace. Si vide quanto la citta’ significhi per la Chiesa e per l’intero mondo. Perche’, come ricordava lo studioso tedesco Theodor Mommsen a fine Ottocento, ‘a Roma non si sta senza avere dei propositi cosmopoliti'”.

Il terzo momento, ha continuato il Santo Padre, “che vorrei ricordare e’ tipicamente diocesano, ma tocco’ la citta’: il cosiddetto convegno sui ‘mali di Roma’ del febbraio 1974, voluto dall’allora cardinale vicario Ugo Poletti. In partecipate assemblee di popolo, ci si pose in ascolto dell’attesa dei poveri e delle periferie. Li’, si tratto’ di universalita’, ma nel senso dell’inclusione dei periferici. La citta’ deve essere la casa di tutti. È una responsabilita’ anche oggi: le odierne periferie sono segnate da troppe miserie, abitate da grandi solitudini e povere di reti sociali.”

“C’e’ una domanda d’inclusione scritta nella vita dei poveri e di quanti, immigrati e rifugiati, vedono Roma come un approdo di salvezza. Spesso i loro occhi, incredibilmente, vedono la citta’ con piu’ attesa e speranza di noi romani che, per i molteplici problemi quotidiani, la guardiamo in modo pessimista, quasi fosse destinata alla decadenza. No, Roma e’ una grande risorsa dell’umanita’! ‘Roma e’ una citta’ di una bellezza unica’ (Celebrazione dei Primi Vespri di Maria Ss.ma Madre di Dio, 31 dicembre 2013: Insegnamenti I, 2 [2013], 804). Roma puo’ e deve rinnovarsi nel duplice senso dell’apertura al mondo e dell’inclusione di tutti. A questo la stimolano anche i Giubilei, e quello del 2025 ormai non e’ piu’ lontano”.

Secondo il Pontefice “non possiamo vivere a Roma ‘a testa bassa’, ognuno nei suoi circuiti e impegni. In questo anniversario di Roma Capitale, abbiamo bisogno di una visione comune. Roma vivra’ la sua vocazione universale, solo se diverra’ sempre piu’ una citta’ fraterna. Si’, una citta’ fraterna! Giovanni Paolo II, che amo’ tanto Roma, citava spesso un poeta polacco: ‘Se tu dici Roma, ti risponde Amor’. È quell’amore che non fa vivere per se’, ma per gli altri e con gli altri. Abbiamo bisogno di riunirci attorno a una visione di citta’ fraterna e universale, che sia un sogno proposto alle giovani generazioni. Tale visione e’ scritta nei cromosomi di Roma.”

“Alla fine del pontificato, san Paolo VI disse: ‘Roma e’ l’unita’, e non solo della gente italiana, ma erede dell’ideale tipico della civilta’ in quanto tale e come centro tuttora della Chiesa Cattolica, cioe’ universale’ (Angelus, 9 luglio 1978: Insegnamenti XVI [1978], 541). Roma sara’ promotrice di unita’ e pace nel mondo, quanto sara’ capace di costruirsi come una citta’ fraterna”. “Celebriamo i 150 anni di Roma Capitale, storia lunga e significativa. Spesso la dimenticanza della storia si accompagna alla poca speranza di un domani migliore e alla rassegnazione nel costruirlo. Assumere il ricordo del passato spinge a vivere un futuro comune.”

“Roma avra’ un futuro- ha concluso papa Francesco- se condivideremo la visione di citta’ fraterna, inclusiva, aperta al mondo. Nel panorama internazionale, carico di conflittualita’, Roma potra’ essere una citta’ d’incontro: ‘Roma parla al mondo di fratellanza, di concordia e di pace’ – diceva Paolo VI (ibid.). Con tali sentimenti e speranze, formulo fervidi auguri per il futuro della citta’ e dei suoi abitanti”.

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