Renzi il distruttore

Che Renzi fosse un esponente della scuola “Muoia Sansone con tutti i Filistei” si sapeva: stiamo scoprendo in queste settimane post voto, quanto fermamente egli voglia tener fede al ruolo. Le avvisaglie sono comparse dalla sera delle elezioni ad urne ancora calde. Scattavano le dimissioni sospese, un partito senza linea, dichiarazioni aventiniane che celavano quel che è evidente, a maggior ragione, dopo quasi due mesi di tentennamenti, maldipancia e dichiarazioni contradditorie rese ora da questo ora da quell’esponente, ossia che il PD non è un partito – se mai lo è stato da quando il Reuccio fiorentino se ne è impadronito – poiché non è capace di definire una linea politica in due mesi di tempo.

Fra i governisti, il reggente Martina, Zanda, Franceschini, i renziani sulla sponda opposta: sarebbe bello veder convocato un congresso nazionale, sentire la base, le sezioni e sentir parlare di scelte di fondo, su dove si voglia andare e come. La zuppa ammansita è di tutt’altro sapore. Renzi medita la mossa alla Macron, un partito tutto suo di marca neo centrista, sempre più partito del capo e sempre meno, se possibile, partito di massa. Il resto degli apparatčiki limita la sua portata ai calcoli su ipotetiche poltrone, ricollocamenti parlamentari, mantenimento del seggio.

E’ il metodo Renzi, divorare un cadavere dall’interno facendolo sembrare ancora vivo. Lo ha fatto col PD, inventandosi la Leopolda ossia destrutturando il luogo di confronto istituzionale di un partito, il congresso nazionale, lo ha fatto con il governo, dove si è imposto, espellendo Letta nella direzione del Partito, senza una sfiducia parlamentare, e dove si è collocato senza un voto popolare, ma sfruttando la vittoria monca di Bersani. L’ultimo tratto di strada glielo ha facilitato proprio l’ex segretario, insieme agli ultimi pezzi dei DS, ritirandosi nella ridotta di LeU e condannandosi alla irrilevanza.

Siamo al capitolo finale, ma è chiaro che se, prima del 4 marzo, la Sinistra esisteva almeno in forma di ipostasi politico-parlamentare, dopo il 4 marzo la putrefazione della salma ha divorato anche il guscio, da lustri ormai vuoto, evidenziando un elemento macroscopico di anomalia della politica italiana – ossia che non esiste una rappresentanza politica organizzata del ceto dei lavoratori dipendenti – talché persino a Corso d’Italia si sono mossi verso altri lidi, appellandosi a certe improbabili vampate sinistroidi dei grillini.

E se la CGIL tenta degli approcci, parliamo dell’ultimo dinosauro organizzato di quelli che furono i corpi intermedi della Prima Repubblica, verso i grillini, significa che non è più praticabile neanche la via di una imputazione formale di certe istanze politiche del mondo del lavoro al cadavere del PD.

Che fare dunque? Nella Democrazia della irresponsabilità, serve un discorso fondativo nuovo che deve ricostruire da zero i temi del Socialismo democratico. Per prima cosa proprio dismettendo il termine “sinistra” che non significa nulla, a parte ricordare trent’anni di fallimenti politici ed elettorali, e ricominciando a parlare di una prospettiva politica di tipo socialista, elaborandone i tratti fondamentali, ma, soprattutto cercando di ricordare che le ambizioni governiste e maggioritarie sono tentazioni da rimuovere per un movimento politico che deve tornare a parlare al mondo del lavoro dipendente e soltanto a quello. Non si può essere socialisti e fare politiche socioeconomiche di tipo liberista. Serve inoltre il coraggio di contestare l’attuale assetto geopolitico europeo che, sotto il velo della tecnocrazia comunitaria, cela il duopolio asimmetrico franco-tedesco e la inevitabile tendenza alla “satellitarizzazione” dei paesi mediterranei, sia in termini economici che in termini di effettiva capacità di incidere sulle decisioni comuni. Non vogliamo diventare i piazzisti del precariato e dei working poors alla tedesca. E servono forme e luoghi di aggregazioni di massa che ricostruiscano il collegamento fra società e politica, partendo dal basso, non alla maniera della Casaleggio e associati, virtualizzando i luoghi della dialettica democratico, ma facendo in modo che le persone escano di casa, si riuniscano e discutano, esprimano rappresentanti, partecipino ad iniziative, si confrontino in un quadro organizzato per determinare la linea politica di un nuovo Partito politico socialista e democratico.

CB