Sappe: Regina Coeli, detenuto morto per malore

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Roma – Un detenuto straniero di 36 anni è morto ieri nel carcere romano di Regina Coeli dove era ristretto per scontare fino al 2024 una pena inflitta per il reato di rapina aggravata. A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe.

Maurizio Somma, segretario nazionale Sappe per il Lazio, ricostruisce i drammatici momenti: “L’uomo aveva precedenti di tossicodipendenza che posso avere significativamente inciso sulle cause della morte, che allo stato risultano legate a un malore ma sulle quali sono in corso accertamenti più approfonditi.”

“A nulla sono valsi i soccorsi prestati dal personale di Polizia Penitenziaria e dai sanitari che non hanno potuto fare altro che certificare il fulmineo decesso. Ancora un decesso per un soggetto che, forse, poteva anche non essere in carcere in relazione alla sua posizione giuridica e stato di salute”.

“La situazione nelle carceri resta allarmante: altro che emergenza superata- dichiara Donato Capece, segretario generale Sappe- Ci troviamo a commentare una tragedia umana avvenuta in quei moderni lazzaretti che sono diventati i penitenziari italiani, nei quali secondo recenti studi di settore è stato accertato che almeno una patologia è presente nel 60-80% dei detenuti. Questo significa che almeno due detenuti su tre sono malati e fa comprendere in quali critiche, difficili e pericolose condizioni lavorano le donne e gli uomini del Corpo di polizia penitenziaria”.

Capece ricorda che proprio mercoledì 13 aprile ha manifestato a Roma, davanti al Ministero della Giustizia, con altri sindacati autonomi di polizia penitenziaria per denunciare quanto e come sia importante e urgente prevedere un nuovo modello custodiale: “Se infatti, da un lato, è grave che la recrudescenza degli eventi critici in carcere si è concretizzata proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria, dall’altro il Sappe punta sul potenziamento del ricorso all’area penale esterna per i detenuti non socialmente pericolosi.”

“Il carcere dev’essere l’estrema ratio. Da tempo sollecitiamo una inversione di tendenza sui modelli che caratterizzano la detenzione in Italia, modificando radicalmente le condizioni di vita dei ristretti e offrendo loro reali opportunità di recupero attraverso un potenziamento nell’area penale esterna e l’affidamento di lavori di pubblica utilità.”

“Per abbattere l’apatia e l’ozio nelle celle, invece, i detenuti dovrebbero essere messi nelle condizioni di lavorare, anche a favore delle comunità territoriali con impieghi in attività socialmente utili specie per coloro i quali che hanno problemi di tossicodipendenza. Ma non è certo lasciandoli ore a far nulla nelle celle e nei corridoi delle Sezioni che si favoriscono condizioni di trattamento e rieducazione come prevede la nostra Carta costituzionale”. (Agenzia Dire)

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