Taras, studente a Roma: da qui lottiamo manifestando

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Roma – “Prima noi giovani avevamo l’ansia di vivere il futuro, laurearci, cercare un lavoro. Adesso abbiamo l’ansia di vivere il presente. E la nostra unica speranza è che non arrivi un missile a distruggere le nostre città, e che non succeda nulla ai nostri familiari”.

Taras Kotsur non ha ancora 20 anni, e già guarda al domani con disillusione. Vive in Italia da nove anni, ma è arrivato a Roma solo qualche mese fa, per studiare scienze politiche e relazioni internazionali alla ‘Sapienza’.

Taras è originario di Leopoli, a circa 70 chilometri dal confine con la Polonia, dove vive tutta la sua famiglia. Lì, al confine, il conflitto non è ancora arrivato, ma gli abitanti sanno che il rischio è altissimo, e molti di loro si stanno spostando nelle case di campagna, più difficili da attaccare rispetto al centro della città.

Ma ancora non hanno intenzione di lasciare le loro case, e alcuni continuano a lavorare, mentre scuole e università sono chiuse. Dall’Italia, Taras segue quello che accade nel suo Paese con “ansia e tensione”. Solo un mese fa era andato a trovare i suoi familiari, e ora prova a colmare la distanza con le videochiamate.

“L’unica cosa che possiamo fare da qui è scendere in piazza e manifestare, cercando di coinvolgere il maggior numero di giovani. Ciò che facciamo noi giovani qui non è combattere con le armi, ma forse è qualcosa che spaventa ancora di più: manifestare, farci sentire. Dire che che siamo contro la guerra e per la pace- racconta alla Dire- Parlare della guerra è importante, anche ai ragazzi più piccoli che frequentano le superiori, perchè devono capire che in Ucraina adesso stanno combattendo e morendo giovani come loro”.

Secondo lo studente, purtroppo l’invio di armi è necessario in un momento in cui “il nemico è ormai arrivato alle porte, stanno morendo i civili e noi non sappiamo come difenderci. Le lettere purtroppo non bastano- dice Taras- in un momento di guerra le armi sono necessarie. Noi siamo sempre stati un popolo silenzioso.”

“L’Ucraina ha sempre cercato di mantenere calma e rispetto nei confronti della Russia. Eppure siamo stati aggrediti. Quello che chiediamo è che venga semplicemente rispettato quanto deciso nel 1991: vogliamo la nostra Ucraina libera. Vogliamo le nostre terre, anche il Donbass e la Crimea. Certo, l’Ucraina è stato un Paese multiculturale, ma l’identità è la stessa. Chiediamo soltanto la libertà”. (Agenzia Dire)

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