Al Policlinico Umberto I di Roma un solo medico per mille pazienti emofiliaci

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    Al Policlinico Umberto I di Roma un solo medico per mille pazienti emofiliaci. È una delle disfunzioni che si scontano a causa del ritardo nel riordino della rete per le coagulopatie, come denuncia Gabriele Calizzani, presidente di Fedemo, la Federazione delle associazioni emofilici. «La Regione Lazio – spiega in una nota – ha un buco sanitario enorme eppure non attua le leggi che si è data per limitare le spese attraverso una corretta gestione dei pazienti, con ricadute pesanti non solo in termini economici, ma anche in termini di assistenza e delle opportunità di salute offerte». «Il problema – spiega Calizzani – nasce dalla mancata attuazione del decreto approvato da questa amministrazione, che prevedeva il riordino della rete delle coagulopatie. Non avere una rete organizzata si traduce nella mancanza di risorse umane presso i centri. Solo per fare un esempio al Policlinico Umberto I, che dovrebbe diventare il principale centro di riferimento per la gestione dei pazienti, c’è un solo medico esperto e dedicato per 1.000 pazienti. Le persone affette da malattie emorragiche devono essere seguite in maniera continuativa per tutta la vita e hanno bisogno, soprattutto in casi di urgenza, di interventi esperti». Non avere a disposizione centri adeguati «si traduce – continua Calizzani – nel rischio molto concreto che queste persone vadano incontro a complicanze, anche invalidanti, e anche in un utilizzo non appropriato dei farmaci. E parliamo di medicinali molto costosi, come sono quasi tutti quelli per le malattie rare». Il ritardo di un anno e mezzo nell’attuazione del decreto «si sta già traducendo in maggiori costi per la Regione». «Già ora il nostro sistema di monitoraggio, attuato in collaborazione con l’Associazione emofilici Lazio – spiega Calizzani – ci segnala che molti, in questa situazione di incertezza, vanno a curarsi fuori Regione: questo vuol dire per la Regione Lazio perdere il controllo sulla spesa farmaceutica, oltre a creare danni e disagi ai pazienti». In questa situazione le associazioni pazienti «svolgono un ruolo che non sarebbe il proprio, sopperendo alle mancanze dell’amministrazione». «Stiamo finanziando – racconta infatti Calizzani – una borsa di studio di tre anni per un ricercatore che opera presso il Policlinico, ma lo facciamo senza sapere se poi questo centro diventerà effettivamente il centro di riferimento principale regolarmente designato. Nonostante le numerose sollecitazioni, la Regione non ci ha dato risposte e queste mancano anche da parte del Policlinico che, come previsto dal decreto (57/2010), dovrebbe far sapere se è in grado di assumersi questo ruolo e, nel caso, dire di cosa ha bisogno per svolgerlo correttamente». La Regione, conclude, «avrebbe dovuto aprire un tavolo per monitorare l’implementazione del decreto di riordino, ma anche di questo da oltre un anno non se ne ha notizia».

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