Caso Maricica, condannato a nove anni di reclusione Alessio Burtone

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    È stato condannato a nove anni di reclusione Alessio Burtone, il ventiduenne romano che colpì con un pugno, l’8 ottobre 2010, l’infermiera romena Maricica Hahaianu, causandone la morte dopo alcuni giorni in coma. Era accusato di omicidio preterintenzionale. La prima corte d’assise non ha riconosciuto l’aggravante dei futili motivi. La corte ha condannato Burtone al pagamento di una provvisionale, immediatamente esecutivo, di 50 mila euro ciascuno in favore del marito e del figlio della donna e di 30 mila euro in favore del fratello dell’infermiera. Alla lettura della sentenza l’imputato, presente in aula, non ha avuto alcun tipo di reazione. Il marito della donna, Adrien, assistito dall’avvocato Alessandro Di Giovanni, presente in aula ha commentato la decisione affermando di sentirsi «soddisfatto» ma non ha escluso che si sarebbe «aspettato qualcosa in più. In questa vicenda ho perso per sempre una moglie e la madre di mio figlio». Il legale ha aggiunto che si «sarebbe aspettato una risposta più decisa da parte della giustizia». Nel dispositivo la I corte d’Assise ha stabilito anche un risarcimento di 6 mila euro in favore di Roma Capitale, che si era costituita parte civile.

    «In appello cercheremo di ridurre questa pena. I giudici oggi non hanno avuto il coraggio di concedere l’attenuante della provocazione. Il mio assistito, Alessio Burtone, non voleva uccidere e questo lo hanno capito tutti nel processo». È il commento dell’avvocato Fabrizio Gallo, difensore dell’imputato condannato a 9 anni per la morte di Maricica Hahaianu, colpita con un pugno durante una lite nella stazione Anagnina della metropolitana di Roma. «La corte – prosegue l’avvocato- non ha avuto il coraggio di riconoscere il reato di lesioni gravi. È stato mantenuto l’iniziale impianto accusatorio. È una sentenza metà e metà, possiamo dire. Ma alla famiglia ho anche spiegato che la fattispecie di lesioni può arrivare sino a 12 anni di condanna». Il penalista, parlando del suo assistiti, ha aggiunto che Burtone «aveva paura che arrivassero 20 anni. Questa notte non ha dormito. È un ragazzo, finito in una cosa più grande di lui». «La cosa che ci soddisfa – conclude – è comunque il fatto che la tesi del pm non è stata assolutamente accolta. L’ufficio dell’accusa ha perso e va sottolineato. Perch‚ il caso di Burtone non è quello di Doina Matei (la romena che ha causato la morte di una giovane colpendola con la punta di un ombrello) quella storia è tutta diversa rispetto ai fatti del processo che si è concluso oggi in primo grado».

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