Caso Orlandi: “In Vaticano qualcuno sa ma non parla”

Più informazioni su

    I segreti e i misteri legati alla scomparsa di Emanuela Orlandi sarebbero a conoscenza di personalità del Vaticano. Le secolari mura Leonine custodirebbero i segreti della scomparsa della studentessa sparita nel giugno del 1983 a Roma. Di questo si dicono convinti i pm della Procura di Roma che dal 2009 stanno cercando di delineare una vicenda che per decenni Š stata circondata da mezze verità, depistaggi o piste inverosimili. «Mi aspetto una risposta dal Vaticano, questo silenzio sta diventando imbarazzante», commenta Pietro Orlandi, fratello di Emanuela che non si è mai rassegnato. In questi ultimi anni il procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e il sostituto Simona Maisto, sono riusciti a porre alcuni paletti ad una verità che ha incontrato molte resistenze. Per gli inquirenti è certo che nella vicenda ebbero un ruolo alcuni esponenti della banda della Magliana, forse già nel rapimento della ragazza ma più probabilmente nella gestione successiva. Al momento sono indagati Sergio Virtù, Angelo Cassani, detto ‘Cilettò, Gianfranco Cerboni, detto ‘Gigettò: tutti soggetti che hanno fatto parte della holding del crimine attiva a Roma tra gli anni ’70 e ’80 e in particolare gravitavano intorno a Enrico De Pedis, noto come Renatino, uno dei boss della banda. Gli indagati sono stati individuati sulla base di una serie di riscontri oltre che dalle dichiarazioni di pentiti. Impulso importante alle nuove indagini è arrivato da chi Renatino lo conosceva davvero bene: l’ex compagna Sabrina Minardi. Parole, le sue, che se da un lato sembrano aver dato elementi di chiarezza, dall’altra sono apparse contraddittorie tanto che la Procura ha deciso di iscrivere la donna nel registro degli indagati. La Minardi, per prima, ha fornito una ricostruzione degli eventi successivi al rapimento di Emanuela portando gli inquirenti a scoprire anche una «prigione» nello scantinato di un appartamento nella zona di Monteverde Vecchio. Tracce e spunti che però non bastano a dare risposte sul movente e su chi materialmente ha messo in atto il sequestro della figlia di un dipendente della Santa Sede. Sullo sfondo, anche nel racconto della Minardi, la figura di Renatino. Ed è proprio il luogo dove è seppellito De Pedis, ucciso a Campo de Fiori in un agguato il 20 febbraio del 1990, che ha restituito alla vicenda ombre inquietanti scatenando, anche negli ultimi giorni, forti polemiche politiche. Tutto parte da una telefonata giunta nel 2005 alla trasmissione di ‘Chi l’ha visto?«. Una voce anonima (secondo una perizia svolta nel 2010 si tratterebbe di Carlo Alberto De Tomasi, figlio di »Sergione« legato alla Banda) affermò che per trovare la soluzione del caso Orlandi bisognava »vedere chi è sepolto nella cripta della basilica« di Sant’Apollinare e »del favore che Renatino fece al cardinal Poletti«. In una prima fase gli inquirenti avrebbero voluto aprire quella tomba, che una serie di cunicoli collega alla scuola di musica frequentata da Emanuela Orlandi, ma oggi, alla luce anche di quanto emerso da un sopralluogo effettuato dallo stesso Capaldo, questa eventualità sembra allontanarsi: non sussisterebbe più la necessità di aprirla in quanto si ritiene inverosimile che al suo interno si possano trovare resti di altre persone oltre a quelli di De Pedis. »I pm forse conoscono i nomi di queste personalità vaticane« che sarebbero a conoscenza della verità su Emanuela: »mi auguro che li ascoltino. E da parte di questi esponenti della Santa Sede mi auguro un’azione spontanea: che siano loro stessi a presentarsi ai pm e a dire quel che sanno«, è la speranza ora di Pietro Orlandi.

    Più informazioni su