L’Italia e la guerra in Ucraina spiegata ai liceali di Roma

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    L’Italia e la guerra in Ucraina spiegata ai liceali di Roma –

    Intervento di Vincenzo Musacchio in videoconferenza al Liceo “G. Cesare” di Roma – Assemblea studenti – Tema: La guerra in Ucraina. – Vincenzo Musacchio, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.  È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.

    Professore ci spiega in parole semplici cosa dice l’art. 11 giacché ognuno lo usa come più gli conviene?

    Onestamente credo ci sia poco o nulla da spiegare. Il contenuto dell’articolo è lapalissiano. “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento per risolvere le controversie internazionali”. Più chiaro di così credo i Costituenti non avrebbero potuto scriverlo. La parola “ripudia” indica un rifiuto deciso, una netta opposizione ad accettare la guerra come strumento di offesa. L’art. 11 fa dell’Italia una Nazione pacifista. L’unica guerra possibile è quella della difesa legittima.

    Perché allora l’Italia sta inviando armi in Ucraina invece di cercare una via diplomatica?

    A mio parere, se ciò corrisponde al vero, si viola la Costituzione poiché questa condotta contrasta, di fatto e di diritto, con il ripudio della guerra. Chi è contro una guerra non invia armi per far si che ci sia la guerra. Legittime sono le sanzioni economiche. Fondamentale è la ricerca di una soluzione diplomatica.

    Che cosa vuol dire che l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità”, sempre nell’art. 11?

    È un passo scritto dai Costituenti per consentire all’Italia di partecipare a organizzazioni internazionali come l’Onu e la Nato ma sempre nel rispetto della regola costituzionale del ripudio.

    Cosa c’entra la Nato in questa guerra?

    Non essendo l’Ucraina parte della Nato, direi che c’entra poco o nulla.

    C’è il rischio che l’Italia possa entrare in guerra?

    Sinceramente non credo. Potrebbe farlo solo nel caso in cui si trattasse di una “guerra difensiva”. Se cioè fossimo di fronte ad un attacco al territorio dello Stato, che, in ragione dell’adesione dell’Italia alla Nato, sarebbe da considerare nell’ambito di un sistema di difesa comune. Per essere più chiari se Putin lanciasse un missile diretto nel territorio italiano, ci sarebbero i presupposti previsti dall’art. 11. Ricordo che in Italia è il Parlamento che decide lo stato di guerra conferendo al Governo i poteri necessari, cioè strettamente proporzionati all’evento da fronteggiare.

    Ringraziandola per la sua disponibilità, le rivolgiamo un’ultima domanda: cosa ne pensa della censura del prof. Orsini proprio sul tema della guerra in Ucraina?

    Assolutamente contrario a questo tipo di censure. Sono peraltro tra i professori che hanno firmato la petizione a suo favore, laddove è stato accusato di essere filorusso. Denuncio – e non vale solo per Orsini – il clima di oscurantismo che si sta diffondendo nel nostro Paese. Un’aria pesante che rischia di soffocare il libero pensiero. Una teoria può piacere o no e quindi sarà apprezzabile o criticabile, ma impedirne l’espressione mi dà la sensazione di essere vittima di comportamenti dispotici che ritengo non siano ammissibili in una democrazia progredita come la nostra.

     

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