Di Maio e l’insostenibile pesantezza del dissenso

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Che succede quando un governo di matrice populista, una creatura che vive di slogan e facili consensi, si scontra contro l’ostilità di alcune categorie, quando il panorama ecumenico dei tifosi acritici si sfalda in una lunga serie di volti arrabbiati, grida, insulti e anche un manichino che brucia, in effige, il vicepremier grillino?

Anche i frati francescani, con pennino assai velenoso, hanno sostanzialmente dato contro ai gialloverdi sulla normetta che raddoppia l’IRES alle ONLUS e l’Italia tutta s’è potuta immergere nella luce cristallina della preparazione tecnica della solita, ineffabile, Laura Castelli alla quale molti colleghi, più zelanti di me, hanno ricordato, norme alla mano, che le ONLUS devono, ope legis, reinvestire gli utili nelle proprie attività istituzionali e che, quindi, non esistono ONLUS che si intascano utili da tassare, checché ne pensi la signora.

Fanno da corollario alla intemerata dei fraticelli, le più cupe minacce di un gruppo di NCC in comizio a Roma, ieri, che ce l’aveva proprio con Di Maio. E mentre Salvini si fa fotografare dal suo staff per la comunicazione sociale (a spese del contribuente) fra fette di pane e nutella, improbabili spaghetti al ragù e felpe di ogni foggia e colore, il Parlamento vive l’esperienza lunare del voto di una legge di bilancio che tanto cambierà, ma va approvata com’è di corsa, per evitare l’esercizio provvisorio. Andreotti non lo temeva affatto (in Italia l’esercizio provvisorio è stato pressoché la regola dal 1948 al 1968) anzi ne vantava le doti di strumento oggettivo di risparmio, ma ai gialloverdi la figuraccia non potrebbe che dispiacere, messa lì accanto alla già lunga collezione di magre, accumulata nel breve volgere di circa nove mesi di governo.

Le mine innescate sotto al ponte della crescita italiana in termini di aumenti automatici dell’IVA per il prossimo triennio è chiaro che questo governo le lascerà a qualcun altro: s’attendono le europee di maggio, al più viste come sondaggio politico pro o contra le forze di maggioranza per le solite sciarade elettorali o per l’ennesimo governicchio pro tempore.

I tecnici del MEF, la Commissione, la BCE, i “poteri forti”, le banche e tutti gli orfani della “vecchia politica” attendono con ansia di vedere il circo degli orrori che si aprirà all’indomani dei risultati elettorali, per la misura concreta delle politiche economiche qualificanti di questo governo, invece, dovremo aspettare i mesi fra gennaio ed aprile del 2019. Nel frattempo ci faremo piacere questa legge di bilancio fatta solo per evitare di governare in dodicesimi.

CB

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