Processo Cucchi, sorella: “Stefano scrisse lettera, spedita due giorni dopo la sua morte” Carabiniere: “In caserma aveva viso gonfio”

Più informazioni su

    Qualche giorno prima del suo arresto per droga, Stefano Cucchi in un sms alla sorella Ilaria scrisse ‘Mi sto riprendendo la vita’. Lo ha reso noto Ilaria Cucchi nel corso del processo per la morte del fratello in corso davanti alla III Corte d’assise di Roma. Dalle parole della sorella è emerso che Stefano più volte in passato si è definito ‘malatò; con unico obiettivo «di attirare l’attenzione. Una volta disse che aveva un tumore al pancreas; dalle analisi si scoprì che non era vero. Un’altra volta disse che voleva tentare il suicidio; chiamammo i vigili del fuoco, ma anche in questo caso non era vero». Sul rapporto col fratello, il messaggio è chiaro: «andavamo d’accordo – ha detto Ilaria – ci scambiavamo sms. Io nei suoi confronti ero sempre molto dura e lui temeva molto il mio giudizio. Ero sospettosa; nel periodo della tossicodipendenza, a volte frugavo tra le sue cose per controllare. Dell’ultimo periodo, però, non ho alcun elemento per dire che si drogava». Il giorno prima della morte, Ilaria Cucchi ricevette una telefonata a casa: «Era una volontaria del Pertini; aveva visto Stefano e le aveva chiesto di parlare con mio marito per accudire la sua cagnetta. Le feci mille domande; mi rispose che era sempre coperto, che aveva il viso tumefatto, che aveva chiesto una Bibbia, ma che comunque stava bene». Dall’ospedale, nessuna notizia in merito alla morte del giovane. «Furono i carabinieri a notificare a casa dei miei genitori un decreto di autorizzazione ad effettuare l’autopsia. Quando fummo autorizzati a vederlo, un agente prima e una dottoressa poi ci dissero solo ‘Si è spento’. All’obitorio, mille difficoltà; sembrava fosse un corpo che non volevano si vedesse. Quando il pm autorizzò ad entrare, per primi entrarono i miei genitori. Sentii subito le loro grida. Mi feci forza ed entrai anch’io. Ebbi una visione terrificante; mio fratello non era riconoscibile».

    Stefano Cucchi, la sera prima della sua morte, scrisse una lettera indirizzata a un operatore della Comunità per tossicodipendenti che frequentava. Ma quella lettera fu spedita due giorni dopo la morte. La circostanza è stata confermata oggi in aula da Ilaria Cucchi, nel corso della sua testimonianza. «Caro Francesco – si legge nella lettera datata 20 ottobre 2009 – sono al Pertini in stato di arresto. Scusami se ora sono di poche parole, ma sono giù di morale e posso muovermi poco. Volevo sapere se potevi fare qualcosa per me. Adesso ti saluto a te e agli altri operatori. Ciao. Stefano Cucchi. Ps: per favore almeno rispondimi. A presto». Ilaria Cucchi ha raccontato in aula le difficoltà a ricevere e leggere le parole del fratello. «Dagli atti dell’inchiesta del Dap – ha detto – abbiamo saputo che una Sovrintendente della polizia penitenziaria aveva detto che la sera prima della sua morte aveva visto Stefano scrivere una lettera. Ma nella scatola dei suoi effetti personali, che con difficoltà riuscimmo ad avere, quella lettera non c’era. Credevo ci fossero scritte parole indirizzate a me; successivamente fummo contattati dalla Comunità che l’aveva ricevuta. Scoprimmo che era stata spedita due giorni dopo la morte di Stefano».

    C’è una conferma che quando la mattina del 16 ottobre 2009 Stefano Cucchi fu prelevato dalla Stazione dei carabinieri di Tor Sapienza per essere portato in tribunale per la convalida del suo arresto, aveva il viso gonfio e visibili macchie sotto gli occhi. A darla è Stefano Mollica, al tempo in servizio alla compagna dei carabinieri di Roma Casilina, il quale, testimoniando nel corso del processo, non si è discostato da quanto detto alla scorsa udienza dal collega Pietro Schirone. «La mattina del 16 ottobre – ha detto Mollica – ero l’autista della pattuglia che fu chiamata a prelevare Cucchi per portarlo in tribunale. Quando entrammo nella cella, lui si alzò a fatica dal letto; tant’è che camminava con difficoltà. Notai subito che aveva il viso gonfio, e arrossamenti intorno agli occhi. Gli dissi se aveva bisogno di un medico, ma lui rifiutò». Cucchi avrebbe dato al militare anche una duplice spiegazione di quei segni sul viso. «Inizialmente mi disse che erano stati i suoi amici, ma poi, invece, mi disse che era caduto dalle scale». Quando i difensori hanno mostrato a Mollica la foto scattata a Cucchi al momento della sua entrata al carcere di Regina Coeli nel pomeriggio del 16 ottobre 2009 (il giorno della convalida dell’arresto), il militare ha detto: «In questa foto il suo viso mi sembra meno gonfio di quando lo abbiamo prelevato in caserma». Il pm che partecipò all’udienza di convalida dell’arresto di Cucchi, anche lui sentito oggi in aula, ha detto di avere un ricordo vago di quel giorno. «Per quello che so – ha detto il dott. Emanuele Di Salvo – fu un’udienza come tante altre; non ricordo nulla di particolare perchè non ci fu nulla di anomalo che mi colpì. Mi dispiace perchè mi è passata sotto gli occhi una tragedia e non me ne sono accorto».

    Più informazioni su