Recovery Fund, il grande bluff del governo.

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Quello che i media chiamano “Recovery Fund” ha un altro nome (“Recovery and Resilience Facility”). Ma non ha ancora un quadro normativo a livello eurounitario: oltre agli accordi politici a livello di Consiglio Europeo (l’ultimo di metà luglio), esiste soltanto una bozza di regolamento del Consiglio e manca completamente l’attività normativa di dettaglio della Commissione.
Le regole di calcolo per l’allocazione delle risorse sono note e anche i montanti complessivi ripartiti in fondi e prestiti (335 e 268 miliardi rispettivamente). Il bacino di risorse – da spendersi entro il 2026 – cui l’Italia potrà accedere è di 68 miliardi di euro (a fondo perduto).
Per dare una misura concreta, il PIL italiano 2019 era di circa 1790 miliardi di euro: l’intervento di RRF sarà, nella migliore delle ipotesi, pari allo 0,76% del PIL 2019, per anno, dal 2021 al 2026.
Tutti i parametri di calcolo della allocazione a livello nazionale, ovviamente, sono legati al 2019.
Per avere un termine di ulteriore confronto, si pensi che il totale dei Fondi SIE per l’Italia nel periodo 2014/2020 (la cui esecuzione però termina a metà 2024) è di circa 32 miliardi.
E’ utile sapere che esiste un vincolo di complementarità tra le spese ammissibili a valere su RRF e sui vari Programmi Operativi dei Fondi SIE per evitare doppi finanziamenti.
Sono quindi numeri importanti, perché si concentra circa il doppio delle risorse in un periodo di tempo che è circa la metà di un ciclo di programmazione delle politiche di coesione.
E tuttavia non sembrano numeri in grado di svellere l’Italia dal suo declino economico.
Le regole di gestione (rendicontazione delle spese) devono ancora essere scritte (i regolamenti della Commissione), anche se alcune indicazioni – del tutto in linea con gli standard comunitari – si rinvengono nei “consideranda” in premessa alla bozza di regolamento del Consiglio.
Fra questi, è utile citare le consuete norme antifrode ed il ruolo dell’Olaf (l’ufficio antifrode UE) e tutta la gestione delle irregolarità con o senza sospetto di frode che ne deriva – nonché i relativi ordini di recupero o “rettifiche finanziarie” in cui potranno incorrere gli stati membri, un insieme di regole sanzionatorie che possono prevedere il potere della Commissione di sospendere, disimpegnare o cancellare gli stanziamenti ed i programmi di spesa che la stessa Commissione dovrà approvare nel termine di quattro mesi dalla loro presentazione e, naturalmente, il potere della Commissione di effettuare ispezioni e visite di controllo negli Stati Membri.
Peraltro, il termine finale per la presentazione dei piani nazionali è il 30 aprile 2021, il temine iniziale ufficiale il 1 gennaio 2021 (quando l’Unione dovrà aver approvato il pacchetto normativo completo e le relative linee guida), mentre è consentita una presentazione “informale” entro il 15 ottobre 2020.
Una pianificazione di questo tipo richiederebbe la giusta ponderazione, senza avere fretta di fare il compitino: nel testo della bozza di regolamento non ho trovato la parola “prefinanziamento” con la quale, di norma, si indica un accredito in cassa agli stati membri per l’avvio dell’esecuzione del Programma Operativo (cioè senza spese rendicontate).
Non si capisce allora la fretta del governo italiano che ha già dichiarato che presenterà il proprio piano alla prima scadenza utile (il prossimo 15 ottobre). Già si sprecano le dichiarazioni in tal senso del ministro Gualtieri, ma si tratta di una fretta pericolosa: se sperano di inserire nella legge di bilancio risorse derivanti dal RRF si sbagliano di grosso, perché nessun eventuale prefinanziamento verrà pagato prima di maggio/giugno 2021.
E d’altra parte non è ancora chiaro quali siano le priorità dello strumento – la bozza di regolamento è piuttosto vaga in merito – e l’Italia farebbe bene a predisporre un meccanismo interno di gestione delle spese (e di rendicontazione e controllo) molto meno stratificato e ingessato rispetto a quello tradizionalmente utilizzato per i fondi SIE che prevede lo strapotere programmatorio delle Regioni e la parcellizzazione delle risorse in mille e mille interventi e sotto interventi che rendono la spesa complicata da gestire e l’impatto economico molto limitato.
A questo link la bozza di regolamento in discussione: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=COM:2020:408:FIN
Vi invito (caldamente) a leggere l’allegato I “Methodology for the calculation of the maximum financial contribution (i.e. the non-repayable financial support) per Member State under the Facility”e la tabella “maximum financial contribution per member state”.
L’importo a fondo perduto per l’Italia è di 68,482 miliardi.
CB

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