Un paese che si sta suicidando

Manca alla politica italiana il senso concreto delle cose, si scrivono norme senza tener conto della realtà, perché la realtà molto spesso è un problema che non sfiora la classe dirigente sempre più chiusa in un bozzolo, mentre il paese corre verso un muro di cemento e senza freni.

La Svezia non ha mai attuato un vero e proprio lockdown e non ha mai chiuso le elementari pur avendo avuto 27mila contagiati e poco più di 3mila morti, un decimo rispetto al nostro Paese.
Io non so se stiamo assistendo al suicidio per inerzia del nostro sistema economico. Però faccio alcune considerazioni di minimo buon senso.

Per prima cosa le famose mascherine: era evidente ed ovvio che, a patto che tutti le indossassero, esse sono un presidio fondamentale per ridurre le particelle virali degli asintomatici o presintomatici. Non si capisce come, dei tanti sistemi possibili (fra i quali quello molto autarchico della requisizione di impianti o realizzazione ex novo da parte del genio militare) si sia scelto un meccanismo allucinante di acquisti all’estero ed appalti con un sistema di calmieraggio che, ad oggi, è un fallimento. Primo punto: non c’erano mascherine (parlo delle chirurgiche) a sufficienza. Perciò chiudiamo tutto, anche le scuole (mentre altrove: https://www.ilsole24ore.com/…/dalla-danimarca-germania-dove…).

Poiché in Italia nessuno si prende responsabilità e queste vengono “diffuse” su N livelli di governo, ecco che arriviamo al secondo punto. Profluvio normativo da parte di Governo, Regioni e Comuni. Dovremmo tutti riflettere sul senso del potere di ordinanza dell’ente locale perché in questo contesto ha funzionato male. Non esiste un protocollo nazionale di regole e, anche adesso, che si spergiura che esso esista, si lasciano spazi di discrezionalità ai territori. Un delirio. Terzo punto: si è deciso di chiudere tutto per due mesi, invece di creare zone rosse regionali, in modo indifferenziato, ma se a Palermo le condizioni sono agli antipodi di quelle di Bergamo perché bloccare anche Palermo? Quarto punto: la “potenza di fuoco” è in realtà un mix di misure temporanee, provvisorie (sospensioni) e contributi frammentati in mille rivoli (ne scrivevo ieri), ma manca del tutto una visione strutturale e di prospettiva. Si procede a tentoni.

Un esempio pratico: aumentare a 250 milioni il fondo nazionale aiuti alimentari agli indigenti significa dare per scontato che l’amministrazione pubblica riuscirà ad assicurare appalti e produzione (parlo di produzione in fabbrica) di derrate alimentari in un sistema industriale in cui, ad esempio, queste produzioni sono rallentate dall’esaurimento delle scorte di semilavorati per il confezionamento (lattine, tetrapak, scatole di carta e cartone ecc.). E’ il dramma dei codici ATECO e di chi ha scritto quelle famose tabelle allegate ai DPCM: a un certo punto si sono accorti che non potevano tener chiuse anche le fabbriche di imballaggi. Ci hanno messo due settimane.

V’è, nel modo di procedere di questo Governo, una tendenza insopprimibile all’accatastamento di normative di spesa (in questo momento in deficit) che sfuggono, nel loro complesso, ad un disegno coordinato e sembrano essere completamente scoordinate. Nel testo del cosìddetto dl “rilancio” (rilancio a poker ovviamente), ci sono norme di tutti i tipi ed errori marchiani (come il mancato coordinamento cronologico fra i periodi di CIGS finanziati ed il periodo di sospensione dei licenziamenti), ma, soprattutto, permane la politica dei “mille rivoli” – che, insieme, fanno un fiume di miliardi – ciascuno dei quali richiede decreti attuativi, circolari, note interpretative. In altre parole quei soldi, se e quando arriveranno, saranno pochi e in ritardo. Ma se esiste il “reddito di cittadinanza” (con tutti i suoi limiti e problemi intrinseci dei quali parlammo qui: https://www.romadailynews.it/…/reddito-cittadinanza-un-pap…/) perché istituire il “bonus autonomi” o il “reddito di emergenza” o altro? Ampliate la platea dell’istituto che già c’è, modificatene le regole (anche semplificando).

La verità, purtroppo, è semplice: non c’è un euro in tasca, i soldi verranno presi “a debito” e ci sarà un costo. La spesa fissa copre oltre il 90% delle entrate e il gettito fiscale, inevitabilmente, crollerà. Ecco perché le decisioni prese sono in mille rivoli e per periodi ridicoli (un mese, due mesi, tre mesi).
Il vero problema è che lo Stato rischia la crisi di liquidità entro metà 2021. Poi non ci saranno soldi per nessuno.
E allora ecco le cautele, le prudenze, i “ma anche”, i periodi brevi, le sospensioni (di tasse e tributi che poi andranno comunque pagati).
Se lo Stato rinuncia alla propria funzione redistributiva e fa debito per lanciare qualche spicciolo, senza cogliere l’occasione di una riforma fiscale radicale – quella si veramente necessaria, è perché teme di andare in default.

Anche il mitico ESM (o MES): si, è vero, si avrebbero 36 miliardi, ma, al netto del contributo italiano al patrimonio di ESM, sarebbero solo 22. In fondo è semplice, se verso 14 e ricevo 36 (in prestito, sia chiaro), nel complesso ho dato 14 e dovrò ridare 36, per un totale di 50 dati. Il vantaggio è la disponibilità di 36 miliardi “in cassa” con pochi vincoli e interessi molto bassi. Siamo lontani dalla panacea ed il dibattito politico su ESM è tutto surreale: è questione, in realtà, marginale.
La questione vera è il danno, questo rilevante e permanente, che alcuni settori, più di altri, hanno ricevuto e manterranno (pensiamo al commercio, alla filiera HORECA, al turismo, alla cultura). Sono settori che valgono quasi il 25% del PIL e pagano molte, molte tasse.
Come se ne esce?

CB