Il Messaggero Cronaca di Roma Gettò il figlio nel Tevere per i periti non è pazzo

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    I capelli biondi e lisci, e sul corpicino i resti del pigiama, imbrattati di fanghiglia umida. Lo avevano ripescato così, il 29 marzo, il cadavere dell’«angioletto di Ponte Mazzini», trascinato dalle correnti del Tevere per quasi due mesi, scaraventato giù dalla balaustra in cemento del ponte in febbraio dal padre Patrizio. Che non era pazzo, come hanno stabilito le perizie depositate ieri in Tribunale. Piuttosto, era perfettamente capace di intendere e di volere. Era l’alba del 4 febbraio, quando l’uomo era piombato a casa della suocera Rita Maccarelli. Dopo una furibonda litigata, Patrizio aveva afferrato il figlio Claudio, di appena 16 mesi, ed era fuggito. Nei pressi del Ponte Mazzini, si era avvicinato all’auto di un agente di Polizia Penitenziaria in borghese, chiedendo in prestito un cellulare per chiamare i Carabinieri perché «il bimbo stava male». Ma vedendo arrivare la cognata, aveva messo il piccolo in bilico sulla balaustra del ponte, tenendolo per le caviglie. Poi, l’aveva scaraventato di sotto. E si era sporto a guardare, cercando con gli occhi quel corpicino trascinato dalla corrente. … … (di MICHELA ALLEGRI)

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