Dune – la recensione

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Il viaggio per arrivare a vedere Dune è stato difficoltoso: una pandemia ne ha causato il rinvio plurime volte, precise scelte autoriali né hanno obbligato l’uscita in sala e non sulle piattaforme di streaming (HBO Max), ma finalmente la trasposizione del romanzo fantascientifico di Frank Herbert è arrivato nei nostri cinema. Il viaggio sarà valso l’attesa?

 

Dune è uno dei romanzi di fantascienza più famosi della storia della letteratura. Nato dalla penna di Frank Herbert nel lontano 1965, vinse i due più importanti riconoscimenti per la letteratura fantascientifica: il premio Hugo e il premio Nebula. Da quel primo mastodontico romanzo è nato un ciclo di storie, il Ciclo di Dune, con 6 romanzi pubblicati da Herbert e diversi prequel e sequel poi pubblicati dal figlio che ha portato avanti la narrativa legata all’immenso mondo creato dal padre.

Un’introduzione necessaria per spiegare quanto importante e immenso sia Dune. Quanto deve essere difficile allora trasporlo in forma cinematografica?

Tale Lynch David, uno da niente insomma, ci ha provato nel 1984 segnando forse l’unico buco nell’acqua di una carriera che lo ha elevato e consacrato plurime volte a maestro della settima arte. Vi furono problemi di produzione, problemi di libertà creativa, certamente ma c’era comunque un problema di base: Dune stesso.

Denis Villeneuve, dopo aver toccato la fantascienza con un capolavoro come Arrival e un seguito importante come Blade Runner 2049, ha scelto di avventurarsi lì dove Lynch aveva fallito nel tentativo di regalare al capolavoro di Herbert la trasposizione cinematografica che merita.

Ma di cosa parla Dune? Ci troviamo in un futuro lontano, in cui un impero galattico, guidato dall’imperatore Shaddam IV, controlla la galassia ma guarda con sospetto l’ascesa e il consenso che che il duca Leto Atreides del pianeta Caladan sta ottenendo. Per contrastare questa minaccia senza un attacco diretto l’imperatore ricorre ad un piano politico: al duca Leto sarà affidata la gestione del pianeta Arrakis, anche conosciuto come Dune, ereditandola dagli Harkonnen che fino a quel momento avevano gestito il pianeta. Gli Harkonnen però, guidati dal barone Vladimir, sono in combutta con l’imperatore perché Dune diventi la tomba della stirpe Atreides proprio sfruttando il “passaggio di consegne” tra le due famiglie.
C’è un solo problema che nessuno aveva considerato: Paul Atreides, figlio del duca Leto e legittimo erede della sua stirpe, potrebbe essere più di quello che sembra. Potrebbe essere il Kwisatz Haderach.

Basta provare a riassumere le premesse della trama di Dune per cominciare ad intuire le difficoltà di un’operazione di questo tipo. Villeneuve sceglie quindi di dividere il romanzo in due parti e di dedicare questo primo capitolo all’introduzione di questo vasto universo. Casate, pianeti, schieramenti politici, forze religiose, leggende, una quantità infinita di informazioni scorrono nella mente di chi osserva questa prima parte di Dune. Un buon tentativo da parte di regista e sceneggiatori di provare a portare ordine nella mente dello spettatore, cosa che riesce (in parte) ma che toglie al film una parte fondamentale: l’anima.

Mentre vediamo cambiare davanti a noi pianeti e personaggi la pellicola di Villeneuve non riesce a farci affezionare a questi. Non c’è empatia tra chi guarda e quello che guarda e le cose semplicemente ci scorrono davanti, in una processione anche rapida, ricca e che non annoia nonostante lo stile autoriale del regista. Ma quello che resta nella mente di chi guarda è molto più spesso un punto interrogativo invece di un punto esclamativo.

Chi ha letto il libro può ovviamente colmare le mancanze della pellicola con la sua conoscenza ma ovviamente rappresenta un grosso limite per il film in sé. Nonostante il tanto tempo presosi per introdurre personaggi e relazioni, infatti, molte cose restano accennate, abbozzate, mentre altre restano appese senza avere uno sviluppo o un epilogo. Alcuni personaggi, anche centrali per il racconto, svaniscono letteralmente ad un certo punto del film per non essere mai più né menzionati né visti.

Il fulcro è ovviamente il personaggio di Paul, cuore pulsante del film, ma qui viene il problema annoso di trasporre un romanzo fortemente psicologico e spirituale come Dune. I pensieri del giovane, i turbamenti che le visioni che ha gli comportano per tutta la durata del film molto spesso non riescono a rendere a dovere il processo di sviluppo psicologico del personaggio.
Dune è un romanzo in grandi parti spirituale, astratto, onirico, insomma un qualcosa di rischioso e tremendamente complicato da trasporre in un linguaggio cinematografico che possa essere alla portata di tutti.

Una difficoltà che certo si è provata a combattere grazie alla mastodontica qualità tecnica della pellicola. La fotografia e lo studio di ogni singola inquadratura è artisticamente solo lodabile. Devi veri e propri capolavori visivi scorrono di fronte ai nostri occhi, mentre una musica mistica ed ansiogena insieme tambureggia nelle nostre orecchie. Peccato che nel mentre però il nostro cervello troppo spesso più che apprezzare questo prezioso e curato pacchetto si stia domandando: “si, ma cosa sto vedendo? e perché lo sto vedendo?”.

Dune è un film importante ma che lascia storditi più che soddisfatti. Storditi dalle informazioni, dagli avvenimenti, dal non detto di troppe dinamiche. Un tentativo lodevole, con un cast stellare e perfetto ma che non riesce nel suo compito più importante, farci affezionare ai personaggi e alla storia. Un film che ci fa uscire dalla sala pieni di domande, si, ma quelle sbagliate.

Luca Silvestri

 

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