Dune (1984) di David Lynch – la storia e la recensione del primo tentativo di rappresentare Dune!

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    Era il lontano 1984 quando Dino De Laurentiis scelse un giovane regista rispondente al nome di David Lynch per dirigere quello che, nelle sue intenzioni, doveva essere lo “Star Wars” per gli adulti: Dune. Le cose però non andarono come il produttore si augurava…

    Il successo del romanzo fantascientifico Dune, di Frank Herbert, fu mondiale. Un successo che spinse l’autore a portare avanti il suo ciclo di storie e contemporaneamente il mondo del cinema ad interessarsi alle storie di Herbert cullando l’idea di riuscire a donargli una trasposizione di altrettanto successo.

    Dei diversi tentativi fatti negli anni 70′ il più famoso è sicuramente il Dune di Jodorowski (a cui è stato dedicato un intero documentario), un progetto visionario che coinvolgeva figure di spicco tra cui Salvador Dalì, Mick Jagger, Moebius e Orson Welles!

    Un progetto mastodontico, come l’opera di Herbert stesso, che naufrago’ per motivi economici. Il successivo tentativo vide già De Laurentiis in produzione con Ridley Scott in cabina di regia. Scott però, si accorse rapidamente che il progetto era infinitamente impegnativo e propose di dividere in due film l’enorme storia. La morte improvvisa di uno dei fratelli di Scott lo allontano’ però dal progetto (per farlo approdare di lì a poco ad un altro caposaldo della fantascienza: Blade Runner!).

    De Laurentiis non si arrese, rinnovò i diritti per l’opera inglobando anche i due seguiti già scritti da Herbert e coinvolse inizialmente lo stesso autore originale per la stesura della sceneggiatura. Contemporaneamente un giovane David Lynch aveva sorpreso il mondo del cinema con due pellicole, Eraserhead che segnò il suo esordio e The Elephant Man che aveva ricevuto ben 8 candidature all’Oscar.
    Il produttore italiano decise quindi di puntare sul talento in ascesa di Lynch e affida al regista di Missoula la regia del suo colossal.

    Un cast stellare che vede tra i protagonisti Max von Sydow, Silvana Mangano, Patrick Stewart e Sting, le creazioni di Carlo Rambaldi, le musiche di Brian Eno e dei Toto, insomma le premesse per un successo mondiale ci sono tutte ma i problemi cominciano a presentarsi in sala di montaggio. La prima cut di Lynch è un mastodontico film da più di 4 ore.
    De Laurentiis però vuole che la pellicola abbia una durata accessibile a tutti e che non spaventi gli spettatori. Sentenzia: 2 ore di film massimo.

    Si susseguono incomprensioni, la pellicola esce infine di sole 2 ore, Lynch la disconosce giudicando la versione distribuita come non sua e abbandona il progetto dei due sequel per cui era già stato scritturato. In futuro dichiarerà più volte che si ritiene il principale responsabile del fallimento del progetto ed anche per questo non vorrà approfondire il tema e declinerà ogni proposta di realizzare una director’s cut.

    Era necessario questo approfondito cappello introduttivo sulla storia produttiva del film per poter giudicare correttamente una pellicola che sin da subito si è ritrovata figlia di troppi padri contemporaneamente.

    Ma alla fine il Dune del 1984 che film è?

    Il film di Lynch si divide nettamente in due parti ben distinte: la prima parte (che si conclude circa con la prima ora di film) coincide con quanto raccontato da Villeneuve nel suo Dune. In una sola ora Lynch condensa la narrazione del contesto e degli avvenimenti che avvicineranno il giovane Paul verso il suo destino. Questa prima parte è equilibrata e (effetti speciali a parte) immerge bene nel mondo di Herbert anche aiutato da costumi e scenografie di altissimo livello. I personaggi vengono introdotti in maniera rapida ma funzionale e senza lesinare approfondimenti. Questi sono spesso dati anche attraverso l’utilizzo del voice over che ci fa ascoltare i pensieri di alcuni personaggi, tecnica che imita quanto fatto da Herbert stesso nel romanzo. Un buon modo di “apparecchiare la tavola” per la seconda parte della storia, quella epica, quella profonda, l’anima del libro di Herbert.

    Purtroppo però la seconda parte del film diventa rapidamente una sequenza mal ritmata di avvenimenti privi di qualsivoglia pathos o approfondimento. Proprio lì dove il libro esplode nella sua unicità il film implode su sé stesso, dando spesso l’impressione di star guardando un buffo video musicale anni 80 che ci catapulta, senza troppi fronzoli, verso il gran finale.

    Qui forse si recuperano dei tempi del racconto “umani”  peccato che allo spettatore manchi il giusto approfondimento di dinamiche e personaggi in gioco in questa fase. Ci ritroviamo dunque ad assistere a personaggi fondamentali nel racconto al centro di scene altrettanto fondamentali mentre noi ci chiediamo “ma questa chi è? quando è diventata così? come è arrivata qui?”

    Un ottima prima parte, un corpo del film disastroso e un finale discreto ma che paga lo scotto di non aver avuto costruzione e di non avere un epilogo rendono il terzo lungometraggio di David Lynch un tremendo flop, cosa che sarà confermata sia dalla critica che dal botteghino.

    Quantomeno il film permette un incontro che cambierà la storia della tv e del cinema.  Su questo set David Lynch conosce il giovane Kyle MacLachlan a cui affiderà i ruoli da protagonista dei suoi successivi due progetti: Velluto Blu e I segreti di Twin Peaks, e il resto è storia.

    Luca Silvestri

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