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Favola della domenica – Il Baobab

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    C’era una volta un baobab che si stagliava alto e maestoso in una savana. Mostrava sul suo tronco aperture a forma di porta. Ciascuna costituiva la casa di una famigliola. A pianterreno, abitavano tre gnomi che si nascondevano a volte sotto le grandi radici, al secondo piano due folletti; ancora più su gli elfi. Sulla cima dimoravano le fate perché desideravano avere una visione globale dell’orizzonte.

    Gli abitanti temevano che il loro albero non riuscisse a sopravvivere nel terreno sempre più arido del deserto. Decisero perciò di traslocare.

    “Dove siamo diretti?” protestò un giorno il baobab sentendosi sballottolare a destra e a manca.

    “Stiamo raggiungendo un bosco di conifere” disse una fatina verdina.

    “Senza il mio permesso?”

    “Abbiamo notato che nella savana spesso soffri la sete”.

    “Come tuoi protettori, abbiamo deciso questo cambiamento” aggiunse un elfo, “vedrai che ti troverai bene”.

    Durante il viaggio, le fate sostenevano i lunghi rami mentre i folletti compivano un enorme sforzo per tenerne sollevate le radici.

    “Aiuto!” urlò d’un tratto l’albero rimpiangendo la stabilità delle sue radici conficcate nel terreno desertico. “Etci!” Che cos’era quell’aria frizzante che lo faceva starnutire? Perché lo avevano sradicato dal suo caldo deserto?

    “Non temere” lo tranquillizzò una fata turchina. “Ti faremo scoprire un nuovo mondo”.

    Cadde una dolce pioggia. L’albero bevve avidamente e la custodì nella sua corteccia. Subito dopo, cadde di schianto su un terreno roccioso. Era arrivato a destinazione.

    “Forza ragazzi! Piantiamo le radici” disse un elfo. I folletti e gli gnomi eseguirono di buon grado quel compito, felici di essere alla fine viaggio.

    Il baobab si guardò intorno. Migliaia di specie arboricole lo circondavano.

    “Ehi!” esclamò un abete rosso. “Fai attenzione, la tua mole ci sta soffocando!”

    In effetti, l’albero con i suoi dieci metri di larghezza e venticinque di altezza comprimeva molti dei fratelli circostanti.

    “Scusate” disse cercando di farsi piccolo piccolo. “Le creature che abitano dentro il mio tronco hanno voluto portarmi in un bosco per rendermi più vigoroso. Mi mancava l’acqua”.

    “E pensi di poter sopravvivere in condizioni tanto diverse dalle tue?”. Aveva parlato un sapiente pino silvestre, infastidito dalla piega che avevano preso gli avvenimenti.

    “Spero di sì” rispose il baobab.

    Gli esili elfi fecero spazio tutt’intorno al baobab spostando dolcemente gli alberi limitrofi.

    “Ah, così va bene!” mormorò un abete bianco sospirando di sollievo. Tutte le conifere osservavano l’enorme albero africano arrivato per avventura fra di loro mentre il baobab era incuriosito alla vista degli strani animali che popolavano quel bosco.

    Un gioioso scoiattolo prese ad arrampicarsi sul suo fusto, un picchio rosso iniziò a picchiettare sulla corteccia sorpreso di scoprire sapori nuovi. Un cervo gli passò davanti e una beccaccia mandò un richiamo proprio accanto ai suoi rami.

    “Che cosa sta succedendo?” domandò il baobab. Non era abituato a tanta familiarità.

    “Non ti piace questo posto?” domandò la fata verdina volandogli graziosamente intorno.

    “Potrai fare molte amicizie qui, ti assicuro” aggiunse la fata violetta affacciandosi civettuola a una finestra.

    Le fate e gli elfi gli rivelarono man mano i nomi e le specie che dimoravano nel bosco di conifere e non passò molto tempo che si ambientò.

    Imparò a riconoscere i rumori del bosco, perfino di una cascatella che scorreva poco lontano. Spesso però sentiva freddo. In quel caso, gli animali lo coprivano con il loro calore e gli spiritelli entravano nelle case all’interno del tronco per abbracciarlo.

    “Non credere che ti abbiamo accolto volentieri” gli confessò un giorno il pino silvestre che fino ad allora aveva rivolto i rami da un’altra parte, geloso della grandezza del suo simile straniero. “Però adesso sei qui e ci fa piacere conversare con te”.

    Il baobab ne fu felice. Anche se si trovava in un luogo tanto diverso dal suo deserto, poteva dissetarsi in abbondanza, parlare con tanti amici ed essere utile agli animali che utilizzavano il suo tronco, i suoi rami e i grandi frutti.

    Maria Rosaria Fortini

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