Dalle selci preistoriche ricostruito il campo magnetico terrestre nel passato

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    Dalle selci preistoriche ricostruito il campo magnetico terrestre nel passato –

    Tra 10.000 e 8.000 anni fa l’intensità del campo magnetico nella regione del Medio Oriente era tra le più deboli dell’Olocene (era geologica corrente) e più bassa o simile al campo magnetico del presente. Lo ha scoperto un gruppo internazionale di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Università di Tel Aviv (Israele), del Council for British Research in the Levant (CBRL) e dell’Università della California di San Diego (USA), che ha analizzato ceramiche e selci provenienti da quattro siti archeologici in Giordania.

    Lo studio pubblicato su Pnas “approfondisce – secondo quanto riportano gli scienziati – la nostra conoscenza del campo magnetico nel passato per comprendere il comportamento del campo magnetico attuale, caratterizzato da un marcato indebolimento”.

    Un campo magnetico debole vuol dire un indebolimento dell’effetto di schermatura delle radiazioni solari con una maggiore penetrazione delle particelle energetiche solari (vento solare) e dei raggi cosmici verso la superficie terrestre.

    L’indebolimento del campo magnetico terrestre è un tema oggetto di studio da decenni, a destare l’interesse degli scienziati negli ultimi anni è soprattutto l’”Anomalia del Sud Atlantico”, caratterizzata da un valore di intensità magnetica inferiore rispetto ai valori medi del campo magnetico terrestre. In questa zona la protezione dalle radiazioni cosmiche nocive è ridotta e sono diversi i problemi rilevati a danno del funzionamento di satelliti e veicoli spaziali che sorvolano quest’area. Sembra, comunque, che l’Anomalia sia un fenomeno ricorrente.

    Lo affermano ricercatori dell’Università di Liverpool che in uno studio del 2020 dopo aver analizzato rocce ignee raccolte sull’Isola di Sant’Elena (che si trova proprio nella zona dell’Anomalia) hanno scoperto che lo stesso strano indebolimento del campo magnetico si era già verificato tra gli 8 e gli 11 milioni di anni fa.

    “Il campo magnetico terrestre – spiega Anita Di Chiara, ricercatrice INGV e coautrice dello studio – è cambiato in modo significativo in passato. Set di dati accurati del passato forniscono uno strumento in più per comprendere il presente, nonché un valido metodo di datazione che può essere utilizzato in alternativa al metodo del radiocarbonio”.

    Di Chiara e colleghi hanno esaminato ceramiche e selci che hanno datato con il metodo del Carbonio 14 (radiocarbonio) e studiato attraverso tecniche di paleo intensità al fine di definire il campo magnetico del passato.

    “Dalla selce, infatti, venivano ricavati – continua Di Chiara – oggetti di pietra, come per esempio le punte di freccia o le lame, utili per la caccia. Per far ciò, gli uomini antichi li lavoravano con il fuoco per renderli appuntiti e quando questi materiali si sono raffreddati, i minerali magnetici in essi contenuti si sono orientati con il campo magnetico all’epoca esistente che, in tal modo, si è ‘registrato’ negli utensili analizzati. Noi siamo andati alla ricerca di questa informazione ‘impressa” (ndr, nei manufatti) scoprendo che nel sito più antico, risalente a 10.000 anni fa, il campo magnetico era simile o più basso del campo magnetico presente”.

    Un risultato importante, sottolinea la ricercatrice, perché anche il campo magnetico attuale è quasi il più basso dell’Olocene. “La metodologia di ricerca impiegata – spiega ancora Di Chiara – fornisce uno strumento di datazione molto potente perché qualunque oggetto di cui non sappiamo l’età archeologica, può essere analizzato con la tecnica del paleomagnetismo e dell’archeo intensità” (lo studio attraverso la tecnica della paleointensità unita all’archeologia si chiama archeomagnetismo).

    Con la definizione di una curva di variazione di intensità del campo magnetico, per le ultime migliaia di anni, è possibile, infatti, attribuire gli oggetti ad un determinato periodo archeologico. Un aspetto particolarmente utile ai ricercatori del clima e dell’ambiente anche perché l’intensità del campo magnetico attuale mostra una tendenza decrescente.

    “La ricerca continua”, conclude Anita Di Chiara. “Raccoglieremo ulteriori dati su questi siti al fine di estendere la curva delle variazioni di intensità del campo terrestre nel passato, anche attraverso l’analisi degli oggetti in pietra, utilizzati da molto prima della ceramica”.

    Rita Lena

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