Sequenziato il genoma del krill antartico: è 15 volte quello umano

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    Sequenziato il genoma del krill antartico: è 15 volte quello umano –

    Ha il genoma più grande di tutto il mondo animale e ha messo a  dura prova gli scienziati che da tempo tentavano di sequenziarlo per approfondirne gli aspetti fisiologici, molecolari e genetici. Il krill (Euphausia superba, nella foto), è l’organismo animale più abbondante sul pianeta, con una biomassa totale compresa tra i 300 e i 500 milioni di tonnellate.

    Un piccolissimo gamberetto, che però  riveste un ruolo vitale per l’ecosistema antartico poiché rappresenta il principale collegamento tra i produttori primari che compongono il fitoplancton e i livelli più alti della catena alimentare come uccelli marini, foche, pinguini e balene.

    Grazie alla sua enorme biomassa, il krill incide in modo significativo su fondamentali processi biogeochimici globali, quali i cicli del carbonio e il riciclo del ferro. E’, quindi, fondamentale studiarne la biologia e comprenderne le potenzialità di adattamento a un ambiente in continua evoluzione a causa degli effetti del riscaldamento globale.

    Nella ricerca pubblicata su «Cell» e firmata da Changwei Shao del Yellow Sea Fisheries Research Institute di Qingdao, in collaborazione con un team di ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, i ricercatori, grazie alle più innovative tecnologie di sequenziamento e ai più aggiornati metodi di analisi, hanno potuto, finalmente, ricostruire l’intero genoma del krill, le cui enormi dimensioni sembrano essere il risultato dello  spostamento e inserimento di numerosi segmenti di DNA  (gli elementi trasponibili) in posizioni diverse del genoma, e non di duplicazioni dell’intero genoma, come osservato in altre specie.

    In particolare, sono stati identificati due eventi recenti di accumulo degli elementi trasponibili, collegati entrambi a cambiamenti climatici, che potrebbero essere responsabili delle attuali grandi dimensioni del genoma.

    “Il krill  – spiega Cristiano De Pittà, dell’Università di Padova, co-autore dello studio – si estende dal circolo polare antartico fino alle coste meridionali dell’America latina e dell’Australia: questi ambienti sono caratterizzati da condizioni ambientali molto diverse, soprattutto in termini di temperatura, fotoperiodo e disponibilità di cibo. Questa elevata distribuzione geografica – conclude –  è dovuta alle grandi capacità adattative che il krill ha sviluppato per vivere in un ecosistema, quello antartico, soggetto a variazioni estreme nel corso dell’anno; si pensi ad esempio  al ciclo stagionale della banchisa o alla notte polare”.

    Secondo i ricercatori, in questa capacità di adattamento ha un ruolo fondamentale l’orologio circadiano che controlla, a livello molecolare, l’espressione ritmica giornaliera e stagionale di numerosi geni.

    “Il sequenziamento del genoma –  aggiunge Alberto Biscontin, co-autore dello studio e ricercatore dell’Università di Padova al momento della ricerca – ha permesso di identificare 625 geni la cui espressione risulta essere sotto il controllo diretto dell’orologio endogeno e potrebbero, quindi, rappresentare il fulcro del processo di adattamento fisiologico e comportamentale di questo organismo alle estreme variazioni stagionali a cui è sottoposto”.

    La presenza della corrente circumpolare antartica (ACC), inoltre, è responsabile di altissimi livelli di connettività tra le diverse aree geografiche. Per anni la popolazione di krill antartico è stata ritenuta geneticamente omogenea: il sequenziamento del genoma ha portato all’identificazione di milioni di nuovi marcatori genetici (Poliformismo a singolo nucleotide) che hanno permesso, per la prima volta, di eseguire una completa analisi della struttura della popolazione di krill antartico mettendo in luce le tracce genetiche di quattro diverse popolazioni ancestrali ancora presenti in krill provenienti da altrettante regioni geografiche.

    “Il genoma di Euphausia superba, – conclude Gabriele Sales, coautore dello studio dell’ateneo patavino –  oltre ad essere una sfida tecnologica vinta, riapre il dibattito sul significato biologico dei grandi genomi e rappresenta una preziosissima risorsa che fornirà nuovi e importanti elementi per una comprensione sempre maggiore della biologia e del ruolo ecologico di questa specie”.

    Rita Lena

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