Van Gogh: sulla soglia dell’eternità

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    Van Gogh: sulla soglia dell’eternità. Poesia in immagini per raccontare la storia di uno dei più grandi pittori di sempre.

    Van Gogh: sulla soglia dell’eternità

    Presentato al festival di Venezia a settembre, è finalmente giunto nelle nostre sale.
    La visione di Julian Schnabel del pittore olandese è molto particolare e lo si capisce sin da subito.
    Quella che Schnabel vuole darci è un’immagine di Van Gogh dall’interno, in soggettiva, mostrandoci un’introspezione spontanea e veloce e non lenta e riflessiva, proprio come la pittura del protagonista.

    Numerosi sono le inquadrature nere che contengono un pensiero del pittore, come fossimo nella sua mente; frequentissimo è l’utilizzo della ripresa in soggettiva, con telecamera a mano, proprio come se fossimo gli occhi di quel protagonista di cui stiamo vedendo la storia; d’effetto le rappresentazioni delle sofferenze psicologiche, con immagini che si sovrappongono e voci che si ripetono come echi a volerci far vivere ciò che accadeva nella testa di Van Gogh.

    Un Van Gogh interpretato da un superbo Willem Defoe, vincitore della Coppa Volpi a Venezia, struggente, dolce, delicato, emotivo e tenero.

    Il film racconta la vita del pittore olandese abbastanza superficialmente, soffermandosi solo su alcuni aspetti in particolare e su alcuni momenti specifici, ma l’intento evidente dell’autore è quello di raccontarci l’anima del pittore e la sua vita diventa quasi un pretesto, una galleria strutturata da cui il regista ha selezionato i momenti che riteneva più importanti o interessanti per il suo progetto.

    Sulle soglie dell’eternità è un film d’autore prima di tutto, delicato e poetico, tocca le corde dell’anima e mira a farci empatizzare con quel protagonista dolce e complesso al tempo stesso, obiettivo che centra, soprattutto con un pubblico che non ha una conoscenza approfondita del personaggio; per chi già conosce Van Gogh il film potrebbe fare l’effetto di una trasposizione di un libro, lasciando quel retrogusto amaro per cui “ci sarebbe stato tanto altro da dire e da mostrare” di Van Gogh e della sua anima, pesando quindi diversamente la superficialità a cui abbiamo già accennato.

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