Da cellule staminali forse una terapia alternativa per la cura dell’Aids
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E’ noto come il “paziente londinese”, il secondo caso documentato di remissione dall’HIV-1 dopo un trapianto di cellule staminali ematopoietiche (cellule staminali che danno origine a tutte le cellule del sangue).
Ne dà notizia, su Nature, uno studio condotto da un gruppo di ricercatori guidati da Ravindra Gupta Cambridge University, GB, che spiega però che, sebbene il paziente, di cui non si conosce il nome, sia da ben 18 mesi apparentemente “libero” dal virus, non può essere ancora dichiarato guarito dall’infezione.
La stessa cosa è successa dodici anni fa per il primo malato di Aids, noto come il “paziente berlinese”, alias Timothy Ray Brown. Malato da tempo di Aids e di una grave forma di leucemia mieloide acuta, fu sottoposto, come il paziente londinese, a trapianto di cellule staminali e, a tanti anni di distanza,sembra essere guarito, in quanto, nel suo organismo la carica virale risulta non rilevabile.
Una coincidenza? O un’anomalia, come fu definita dai medici la guarigione “miracolosa” del paziente berlinese? Quello che hanno scoperto gli scienziati non ha, tuttavia, nulla di miracoloso: chi ha donato le cellule staminali, sia nel primo come nel secondo caso, era portatore di due copie del co-recettore o gene CCR5-Δ32, una rara mutazione deletiva che impedisce al virus di entrare nella cellula.
Mutazione che sembra essere molto antica, e che solo grazie a studi recenti si è scoperto essere protettiva dall’infezione da HIV.
Tornando al paziente londinese, malato da tempo di Aids seguiva una terapia antiretrovirale e, nel 2016, a seguito di una diagnosi di linforma di Hodgkin fu sottoposto, anche lui, a trapianto di cellule staminali per curare il tumore.
Secondo quanto riportato nello studio, a differenza di Timothy Brown, la terapia non ha causato reazioni forti e dopo 18 mesi dal trapianto sembra stare bene pur avendo sospeso da 16 mesi la terapia antiretrovirale.
Ma i medici sono cauti e, anche se nel suo sangue da 18 mesi non ci sono tracce di materiale genetico dell’HIV-1, dicono che è troppo presto per affermare che il “paziente londinese” sia guarito dall’Aids.