La rete e le infezioni sessualmente trasmissibili

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    La rete e le infezioni sessualmente trasmissibili – Convegno oggi e domani a Roma –

    Negli ultimi anni il numero delle nuove infezioni da HIV registrato in Italia non è mai sceso sotto i 3.500-4.000 casi l’anno. E’ un numero ancora  troppo elevato, secondo gli esperti,  dovuto molto probabilmente alla  ri-emergenza, anche nel nostro paese, di alcune infezioni sessualmente trasmissibili (IST), quali sifilide, gonorrea e linfogranuloma venereo e soprattutto infezioni da virus HPV. Infezioni che, prima di essere curate, conferiscono a chi le contrae, una maggiore suscettibilità ad acquisire o a trasmettere, se già infetto, l’infezione da HIV.

    Di questi temi si parlerà  oggi e domani presso il centro multimediale IFO, nell’ambito del convegno “IST e infezioni da HIV. Acuzie, cronicità e gestione di rete”, organizzato dall’Istituto Dermatologico San Gallicano. Saranno due giorni densi di interventi, in cui esperti nazionali ed internazionali  si confronteranno in  gruppi di discussione e studi di casi emblematici, convinti che, oggi più che mai, è necessario riparlare di prevenzione dell’infezione da HIV aggiornando gli operatori sanitari sugli screening per le infezioni sessuali, da condurre con strategie innovative, con test rapidi e, sempre più spesso, eseguiti anche in ambiti lontani dall’ospedale, come ad esempio, nei luoghi di ritrovo più vicini alle popolazioni a rischio.

    La modifica dello scenario  clinico evolutivo di questa infezione, richiede la collaborazione tra specialisti diversi e la promozione di una Gestione di Rete del paziente  che possa garantire un efficace management a lungo termine.

    “L’uso generalizzato del web e il sempre più esteso ricorso a nuove droghe sintetiche – evidenzia Antonio Cristaudo, Responsabile della Dermatologia, MST Ambientale Tropicale e Immigrazione ISG – rappresentano un ulteriore elemento in grado di alimentare  gli incontri tra le persone e la frequenza dei rapporti sessuali occasionali nella popolazione; mentre, l’uso di sostanze di nuova e vecchia acquisizione contribuiscono ad un deciso calo della percezione del rischio, soprattutto nei gruppi più vulnerabili. Tutte queste ragioni – conclude Cristaudo – pongono oggi il paradigma degli screening, il percorso di ritenzione in cura e il tema della patologia d’organo all’interno di percorsi diagnostici e terapeutici condivisi, in un saldo lavoro di rete tra specialistici appartenenti a discipline affini, che condividono le stesse patologie da punti di vista diversi e complementari.”

    Rita Lena

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