Zarate: “E’ una Lazio da Champions”

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    «L’idea è classificarci in Champions League». L’idea è della Lazio, le parole sono di Mauro Zarate, la speranza è di tutti i tifo­si. L’argentino sogna in grande, è rinato col gol segnato al Napoli, è stato confermato cen­travanti a Parma salvo essere sostituito per l’ennesima volta. A parte tutto è un Maurito più sereno, la crisi di Cesena con Reja è ac­qua passata, in quei giorni si sfiorò la rottu­ra definitiva. Zarate si è confessato in Argen­tina, l’intervista è stata concessa al quotidia­no “Olè” dopo il match di Palermo ma è sta­ta pubblicata solo adesso. Maurito aveva par­lato del cambio tattico, in quei giorni agiva felicemente da ala destra e pensava di gioca­re in questo modo anche il derby contro la Roma. Poi ci fu il terremoto: arrivarono l’esclusione che lo fece resta­re male, la sostituzione del “Manuzzi”, le polemiche e le scintille con Reja, la pace e la rinascita col Napoli. Alcuni concetti sono rimasti attuali.  Zarate e il ruolo, aveva accettato l’invito di Re­ja, si era messo a disposizio­ne, si stava sacrificando, avrebbe continuato a farlo se il suo mondo non fosse cam­biato all’improvviso. In Ar­gentina lo hanno definito “l’Eto’o della Lazio”, lui ha ri­sposto così: «No, no, non lo sono…», ha detto riferendosi al paragone tracciato con il cam­pione dell’Inter. Mauro ha spiegato la sua trasformazione: «Sto giocando spostato a de­stra, partendo da più dietro. Il tecnico vuole che arrivi in area, che compaia a sorpresa però a volte si complica tutto. Devo stare sul­la fascia, devo correre e indietreggiare, ades­so assisto i compagni e difendo. Non faccio i gol che ero solito fare però se è toccato ad un fenomeno come Eto’o svolgere un certo ruo­lo, perché non posso farlo io?», si è chiesto di­mostrando disponibilità verso l’allenatore e la squadra.  Zarate per la prima volta ha par­lato del rapporto con Reja (i fatti di Cesena non erano ancora accaduti): «Di problemi ne ho avuto solo uno, è stata una discussione in realtà. È accaduta tra la fine della scorsa stagione e l’inizio di quella attuale. Nella se­conda parte del campionato passato giocai solo nove partite, andare in panchina mi da­va molto fastidio, il tecnico mi voleva in un’altra posizione ed io mi arrabbiai. Così la pressione cadde su di me, la squadra non fa­ceva gol, giocava male e l’allenatore mi tol­se. Non ho mai accettato di essere il sostitu­to però ho dovuto farlo». Il giornalista argen­tino gli ha chiesto se a quel tempo pensò mai di lasciare Roma: «Sì, però mi hanno convin­to a restare e guarda che è successo…», ha ri­sposto Mauro ricordando l’exploit della Lazio e la felicità provata per il nuovo ruolo occu­pato. Le critiche lo hanno raf­forzato: «La Lazio è così, se non combatti, se non corri, tutto si complica. Noi non sia­mo l’Inter, non siamo il Milan. Prima giocavamo bene e per­devamo, adesso no. Quando siamo fuori casa difendiamo più del normale». Il calcio ita­liano non è semplice: «L’Italia non è la Spagna, gli argentini che stanno qui non rendono così bene come nella Liga,non è una casualità».  Il tema legato agli argentini che militano in Spa­gna e a quelli che si sono im­posti in Italia (vedi Pastore) ha aperto il capitolo relativo al feeling instau­rato con Delio Rossi, con l’ex tecnico ha vis­suto un momento magico: «Pastore ha lo stes­so tecnico che ho avuto io appena sono arri­vato in Italia. Delio Rossi è il migliore, sa chi deve indietreggiare, chi deve riposare per poi accelerare, ti lascia libero. E Pastore va alla grande». Il discorso è tornato su Reja, il gior­nalista gli ha chiesto come si sarebbe com­portato se al momento della firma con la La­zio ci fosse stato Edy al posto di Rossi. Mau­ro ha risposto sinceramente, qualche dubbio l’avrebbe avuto: «Mi sarei interrogato, non avrei giocato. Io gioco così e se non ti pia­ce… ». Sogna la Nazionale ma non si è mai sentito vicino alla convocazione: «Per arri­varci devo giocare bene».

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