Al cittadino non far sapere com’è inutile il Referendum da tenere

Credo che neanche lo sbarco di Serse in terra d’Ellade abbia richiamato passioni simili a quelle delle quali si legge, di questi tempi, sui giornali italiani: come la Cometa prima della grande peste londinese del 1620, a profetizzar sventure si approssima la data del referendum, anzi del Referendum, la madre di tutte le battaglie per l’uomo di Rignano sull’Arno.

Sul possibile esito e relative conseguenze si sono espressi tutti, a partire dalle principali società di revisione per continuare con le varie cancellerie europee e, buon ultimo, persino il sempre più irrilevante Obama, ormai avviato sulla strada felice del mestiere di conferenziere e di pensionato a Camp David.

Eppure l’esito del Referendum prossimo venturo, in realtà, è del tutto irrilevante e non è una boutade la mia. Per quanto i Comitati del Sì e del No si affannino a gridare quanto esiziale sarebbe la vittoria dei rispettivi e opposti schieramenti e, ovviamente, per il Paese (oltre che per la democrazia, per la stabilità, per l’economia e anche per quell’artrosi dell’anca che perseguita vostra zia ottantenne), non sfugge a chi ha un minimo di prospettiva geopolitica che un pastrocchio di riforma, infarcita delle piccole furberie che sono tipiche di certa politica dal fiato corto, che va a innestarsi su una Costituzione già infinite volte “riarrangiata” da restauratori di scarsa professionalità, non potrà certo incidere negativamente su ciò che già è pessimo.

In parole molto crude se pensate di riordinare una biblioteca dove tutti i libri sono caduti per terra semplicemente prendendoli a calci o avete qualche rotella fuori posto o ci state prendendo in giro con altri scopi (e direi che questo è il caso del momento).
Renzi non ha alcun vero interesse a “rendere migliore” l’Italia: Renzi ha interesse a consolidare il suo potere e la penetrazione sua e della sua ristretta cerchia nei gangli vitali dello Stato (che non sono certo le Camere, ormai orpello delle segreterie di partito mercé la vecchia e la nuova legge elettorale). Non è affatto casuale che il premier si sia saldamente impegnato a piazzare teste nei luoghi dove gira il potere (le ex partecipate statali collegate alla Cassa Depositi e Prestiti o al MEF), gli alti gradi delle forze armate e della guardia di finanza, mentre tiene e continua a tenere i sindacati confederali, una carcassa morente fatta prevalentemente di pensionati (ad eccezione della FIOM-CGIL), a debita distanza, dato che ha capito molto bene che non possono servigli ad alcunché.

Gli avversari di Renzi, al momento dispersi e divisi, hanno un unico interesse: rimuoverlo da palazzo Chigi e tentare la via delle elezioni, senza sapere (e non è rilevante per loro) cosa fare due minuti dopo averle vinte. Sempre ammesso che non si faccia la fine della Spagna e fatto anche salvo l’aventinismo grillino che fa del M5S il partito (si, è un partito ormai) del non accordo e quindi della teoria dell’autosufficienza politica e della tragicomica e sesquipedale insufficienza tecnica, intellettuale e professionale.

Chiunque vinca – e qualcuno vincerà dato che il referendum costituzionale non ha quorum – non cambierà nulla nel medio-lungo periodo per l’Italia a parte il fatto di andare a votare nella primavera 2017 ovvero di avviare un altro anno e mezzo di agonia fatta di impalpabili governi tecnici. E non vi preoccupate: se si dovesse andare a votare e, malauguratamente, dovesse vincere una formazione politica o un qualche improbabile rassemblement di improvvisati protagonisti, capace anche solo lontanamente di far spuntare qualche ruga agli amici a Berlino, vedrete gli spread (si: sono tanti, uno per ogni categoria di scadenza delle varie tipologie di titoli del debito pubblico) schizzare non alle stelle, ma a velocità di curvatura. Lo scenario è quello già vista della immediata e massiccia vendita di tutta la quota di debito sovrano tricolore in mano alle banche francotedesche, quota pur minore del micidiale 2011, ma di certo ancora rilevante.
E poi lci aspetta la trojka o qualche fuga avventurista in avanti della nuova “classe dirigente”, ipotesi nella quale prevedo una tammurriata che la Brexit al confronto è una pochade di terza classe.

Cosimo Benini