Referendum costituzionale. Zagrebelsky, rischio oligarchico. Renzi, ancora palude

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    la7-mentana-confrontoIl confronto Renzi-Zagrebelsky, andato in onda ieri sera su La7 e condotto da Errico Mentana, non ha fatto altro che riaffermare le due opposte posizioni sul referendum costituzionale che, come annunciato pochi giorni fa, porterebbe i cittadini al voto il 4 dicembre per decidere se confermare o no le modifiche alla Costituzione Italiana, elaborate e promosse dalla Ministra delle Riforme Maria Elena Boschi.

    Il nodo cruciale, quello sul quale più spesso si è dibattuto e che anche in questa sede è stato il vulnus prioritario che Zagrebelsky ha inteso sottolineare e Renzi smentire è, non solo un Senato di attività dubbia, che potrebbe incappare in un completo stallo o addirittura creare complicazioni nei rapporti con la Camera, come ha affermato il costituzionalista, ma il tanto citato combinato disposto.

    E’, infatti, nel rapporto legge elettorale-riforma costituzionale, facente parte di un unico progetto governativo, che secondo Zagrebelsky si potrebbe determinare una svolta autoritaria, un’oligarchia, una concentrazione dei poteri sbilanciata che mortificherebbe la democrazia.

    Nonostante, come più volte ha inteso ribadire il premier Renzi, non ci sia nessun articolo nella costituzione che modifichi i poteri del Presidente del Consiglio in senso rafforzativo, Zagrebelsky ha specificato che il potere al futuro premier non gli deriverebbe in maniera diretta ma indiretta.  La legge elettorale, infatti, prevede un premio di maggioranza, che Zagrebelsky ha definito di minoranza in quanto al ballottaggio il partito che otterrebbe la ‘vittoria’, parola sgradita al costituzionalista, la potrebbe raggiungere con una percentuale di voti anche bassa, assegna il 55% dei seggi. La concentrazione del potere nelle mani del Presidente del Consiglio, quindi, gli deriverebbe proprio dall’elevato numero di deputati ottenuto attraverso il premio di maggioranza ed espresso solo in parte dai cittadini.

    È bene ricordare, come ha fatto Zagrebelsky, che il governo fautore dell’elaborazione e dell’approvazione dell’Italicum è lo stesso che è stato eletto con il Porcellum, cioè con una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Corte, con la sentenza n.1/2014, e che ripresenta alcune storture, già cassate dalla Consulta, come i capilista bloccati, che porterebbero nuovamente nel governo 100 nominati, riducendo di non poco la possibilità dei cittadini di eleggere i propri rappresentanti.

    Il premier Renzi ha affermato, a suon di slogan stridenti con la dialettica riflessiva del giurista, che è arrivato il momento di interrompere il ciclo vizioso intrapreso dai governi negli ultimi 70 anni i quali non sono mai riusciti a portare a termine una legislatura determinando l’attuale palude e avere un vincitore certo alle elezioni che abbia la possibilità di governare ininterrottamente per i cinque anni che prevede il mandato.

    Il giurista, però, non è d’accordo. Bisogna guardare al contesto piuttosto che agli articoli. Il problema dell’instabilità dei governi in Italia è tutto politico. Non è cambiando la Costituzione, non è concentrando il potere in un unico partito con una legge elettorale come l’Italicum che si garantisce la governabilità. Il rischio di una deriva autoritaria, in un’epoca di populismi come la nostra, esiste. Il costituzionalista ci tiene più volte a ribadire che tale rischio però non lo vede nel governo Renzi ma in quelli futuri.

    Renzi si è dichiarato, a malincuore, disponibile a una revisione della legge elettorale ma Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e M5S si sono schierati per il NO e poiché, come ha affermato Zagrebelsky, il problema è più politico che costituzionale, e la costituzione si modifica, come ci hanno dimostrato i nostri padri costituenti, uniti da un rapporto di fiducia, una fiducia che la destra, a torto o a ragione, ha perso nei confronti di Renzi, si assisterà a una campagna referendaria distorta dai risentimenti partitocratici travestiti dal solito mantra “il bene degli italiani prima di tutto”.

    Elena Martinelli

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